Irredentismo

Irredentismo

Nel 1877, su iniziativa del generale garibaldino Giuseppe Avezzana e di  Matteo Renato Imbriani, si costituì l’Associazione in pro dell’Italia irredenta. Il termine irredenta – di evidente ascendenza religiosa – nasceva dal discorso pronunciato dallo stesso Imbriani ai funerali del padre, quando aveva utilizzato il termine «terre irredente» a indicare appunto territori abitati da italiani ancora appartenenti all’Impero austro-ungarico. Nei suoi primi anni, l’irredentismo triestino – fondamentalmente repubblicano e non ancora antislavo – non si spinse oltre a pochi atti dimostrativi, conferenze cui partecipavano eminenti personalità della cultura italiana del Regno, brindisi celebrativi. Il caso Oberdan però (1882), con l’impiccagione del giovane triestino per alto tradimento e per aver inteso attentare alla vita dell’imperatore, costituì un punto di svolta benché in  Italia, che aveva appena siglato la Triplice alleanza, non vi fosse alcun sostegno politico alla causa degli irredenti. In quel torno di anni emerse un nuovo ceto dirigente antislavo e fortemente inserito nella loggia massonica Alpi Giulie; nel 1885 nacque la Pro Patria, diffusa anche in Trentino; essa si concentrò sull’incremento dato all’educazione popolare e scolastica, con la diffusione di una rete di scuole e ricreatori in cui l’educazione impartita ruotava intorno al culto della storia e della cultura italiana. che incoraggiava la nascita di scuole nel territorio e nella regione per sostenere l’italianizzazione della Venezia Giulia. Nel Regno nasceva la Dante Alighieri (1889) e quando la Pro Patria fu sciolta, essa rinacque come Lega Nazionale (1890), organizzazione che si diffuse rapidamente: nel giro di un paio di anni, essa poteva contare già su 61 gruppi presenti anche in Dalmazia, Istria, Friuli orientale, Trentino. Anche le organizzazioni sportive e alpinistiche costituirono altrettanti veicoli della formazione irredentista di una generazione di giovani sempre più irrequieta e insoddisfatta dell’irredentismo «legalitario» del Partito liberal-nazionale. Del resto, il progressivo confluire di una cospicua porzione dell’irredentismo in seno al nazionalismo ne rese più aggressive le tesi, soprattutto per quanto riguardava i rapporti con le componenti slovena – e anche croata, per l’Istria – della popolazione. Anche il gruppo che pure si faceva erede della tradizione mazziniana non fu esente da posizioni scioviniste nei confronti della componente slava, anche se non mancò chi seppe mantenere posizioni più consone a uno spirito di tolleranza, come ad esempio Giani Stuparich e, fino ad un certo punto, lo stesso Scipio Slataper, ma ormai la guerra premeva alle porte della città. Fu così proprio questo nucleo di giovani, tra i quali spiccavano alcuni intellettuali, ad animare dapprima la battaglia per l’intervento italiano e poi il movimento dei volontari nelle file dell’esercito italiano. Il destino di molti di essi sarebbe stato inesorabilmente spezzato dal conflitto.

  • Bibliografia
    E. Apih, Trieste, Laterza, Bari-Roma 1986; M. Cattaruzza, L’Italia e il confine orientale 1866-2006, il Mulino, Bologna 2007; F. Todero, Morire per la patria. I volontari del Litorale austriaco nella Grande guerra, P. Gaspari, Udine 2005.
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    Archivio E. Mastrociani F . - Todero.
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