Scipio Slataper (Trieste 1888 – Monte Podgora 1915): della generazione di triestini spezzata dall’esperienza della Grande guerra, la figura di Scipio Slataper è senz’altro la più emblematica, non solo per la complessità della sua produzione letteraria e per le responsabilità che ricoprì ‒ fu per un periodo direttore de «La Voce» ‒ ma anche perché dotato di una personalità carismatica, tale da attrarre a sé giovani desiderosi di nuovi maestri: fu questo il caso di Carlo e Giani Stuparich, ma anche di quelle «tre amiche», Gigetta Carniel, Anna Pulitzer, Elody Oblath, che fecero parte del suo entourage, lo scambio epistolare con le quali costituisce un importante strumento per conoscere il personaggio e le sue idee. Lasciata Trieste per compiere gli studi universitari a Firenze, dove si laureò, fu per un periodo redattore del «Giornalino della domenica» di Vamba, ma ben più importante fu il suo incontro con «La Voce» e i suoi uomini, primo frutto del quale fu la pubblicazione, nel 1909, delle Lettere triestine. Importanti gli articoli di riflessione sull’irredentismo, dove formulò la tesi dell’«irredentismo culturale», sostenendo che Trieste poteva difendere la propria identità anche rimanendo soggetta agli Asburgo, ciò che gli costò l’accusa di filoslavismo e di antirredentismo. Il suicidio di Anna Pulitzer aprì in lui una profonda crisi, testimoniata dal suo frutto più bello, Il mio Carso, apparso nella Libreria della Voce nel 1912. Sposatosi con Luisa Carniel, lavorò ad Amburgo quale lettore di lingua italiana, occupandosi peraltro di drammaturgia. Accostatosi allo studio della storia, mentre scoppiava la Grande guerra, modificava parzialmente le sue posizioni, pubblicando su «Il Resto del Carlino» una serie di articoli in cui sosteneva la necessità, per l’Italia, di spostare verso est i suoi confini. Preludio all’arruolamento volontario nell’esercito italiano, fu la partecipazione ai soccorsi dei terremotati della Marsica. Nel giugno 1915, a Roma, entrò nel 1° rgt. Granatieri di Sardegna, con cui raggiunse il fronte, ma fu presto ferito durante l’avanzata su Monfalcone. Ottenuta la nomina a sottotenente, raggiunse nuovamente il fronte nelle fila del 1° rgt. della brigata Re. Quando ormai si stava spegnendo l’impeto della quarta battaglia dell’Isonzo, il 3 dicembre 1915 cadde sulle pendici del monte Podgora, colpito alla gola durante una missione di ricognizione di una posizione austro-ungarica. La sua tomba è ancora oggi visibile nei pressi della sommità del monte. Fu decorato di medaglia d’argento al valor militare alla memoria. Nel dopoguerra, Giani Stuparich curò la pubblicazione dei suoi scritti.