Varietà

Varietà

Negli anni di guerra si verificò una diffusione senza precedenti del varietà in Italia, in Europa e negli Stati Uniti (dove spesso si recavano molte compagnie italiane), sia per esorcizzare gli orrori della guerra nei fronti interni, sia per i costi più contenuti, rispetto all’allestimento dell’opera lirica, che il varietà prevedeva.
Nei tamburini e nelle réclame dei quotidiani i teatri venivano sempre più identificati come «teatri di varietà», di «cine-prosa-varietà» o «cinema-teatri», locuzioni di riferimento di programmi misti, costituiti da numeri di vario genere (danseuses, étoiles della canzone, comici, melodisti, dicitori, illusionisti, trasformisti, ginnasti, duettisti, ecc.) e da singoli atti d’opera. Non si trattava solo di adattamenti tecnico-artistici alle scarse risorse a disposizione dei direttori dei locali, ma anche di una diversa sensibilità musicale, propria di una società che non si riconosceva più nei palchetti dei teatri ufficiali. L’industria dell’intrattenimento su larga scala utilizzava i media a disposizione, per cercare il consenso di un pubblico, che nel divertimento trovava una via di evasione alle ristrettezze alimentari e finanziarie del momento. Inoltre, mentre dilagavano la disoccupazione e lo strozzinaggio, quella dell’impresario teatrale era una professione molto redditizia.
I teatri Rossetti, Fenice ed Eden offrivano le proposte di maggior richiamo. Il varietà era generalmente intercalato alle pellicole cinematografiche. Sul palcoscenico del del Fenice e del Rossetti si esibirono il macchiettista Fanara, la stella del varietà Conchita Ledesma (protagonista del film L’ultima danza, del 1914) ed il tenore Ermanno Cavalieri. Ma il successo più trionfale lo riportò il trasformista Angelo Cavallini (nome d’arte di Angelo Capellan), fratello del direttore d’orchestra Mario Capellan, attivo nel medesimo teatro. Trasformista di un talento paragonabile solo a quello di Leopoldo Fregoli, tanto da venir soprannominato «il Fregoli triestino», Cavallini era dicitore, canzonettista, macchiettista ed era capace di oltre 40 trasformazioni in un’unica pièce, in cui recitava e cantava in versi e prosa, in lingua e in dialetto.
Nel gennaio del 1915 al Teatro Fenice debuttò la neo-costituita Compagnia comica di varietà «La Famigliare», diretta inizialmente dall’attore veneziano Tebaldo d’Arcano, poi da Alberto Brizzi, nome molto caro al pubblico triestino, che nel 1914 aveva potuto ammirarlo sulle scene del Teatro Minimo. L’attore veneziano, proveniente dalla compagnia di Emilio Zago, che grande successo aveva riscosso a Trieste negli anni precedenti, morirà nell’agosto del 1915. Fu forse questo il motivo per cui il Teatro Alfieri di via Acquedotto 24 tramuterà il suo nome in Teatro Famigliare in quella stessa estate. Tra i lavori messi in scena dalla Compagnia Famigliare si citano le farse Dalla campagna alla città, La sposa e la cavalla di Ghedin La festa del bocolo, di Attilio Schiavoni. Prima del debutto come capocomico al Teatro Famigliare, l’attore Carlo Fiorello agiva proprio in questa Compagnia e molti di questi lavori furono da lui allestiti e interpretati anche negli anni seguenti. Nel maggio del 1915 il Teatro Fenice venne chiuso per alcuni mesi per ultimare i lavori della nuova cabina cinematografica.
Altro fecondo Teatro di cinema e varietà era l’Eden, di via Acquedotto 35, che per tutti gli anni di guerra mantenne un fatturato pressoché invariato. Nel febbraio del 1915 ebbe inizio un corso di rappresentazioni di una compagnia italiana di zarzuele, operette e commedie musicali, diretta dall’impresario Gino Andrei, che nel Regno aveva incontrato molto favore. L’orchestrina dell’Eden, che la accompagnava, era diretta dal maestro Giuseppe Müller. Presentò un nuovo repertorio e, tra le operette più celebri invece, le ben note operette Santerellina, La gran via e La casta Susanna. Poiché non tutti i suoi componenti erano arrivati, causa le difficoltà di ottenere nel Regno i passaporti, alcuni attori vennero sostituiti. L’orchestra fu notevolmente rafforzata.

F.L.

  • Bibliografia
    L. Ramo, Storia del varietà, Milano, Garzanti 1956; S. Mattioni, Trieste varietè, Trieste, Fachin 1990; C. Sorba, The origins of entertainment industry: the operetta in the late nineteenth-century Italy, in «Journal of modern italian studies», 3 (2006).
  • Crediti immagine
    FOTO: tratta da «Il Piccolo», 24 febbraio 1915
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