I piani di guerra italiani e lo schieramento iniziale

I piani di guerra italiani e lo schieramento iniziale

Da poco nominato capo di Stato Maggiore, Luigi Cadorna, nei giorni dell’entrata in guerra degli Imperi centrali, propose di effettuare la mobilitazione generale per predisporre, come previsto dalle convenzioni militari della Triplice alleanza, l’invio in Germania di un forte contingente di truppe. Il fine era di concorrere con l’alleato allo sforzo militare verso la Francia, mantenendo da parte italiana un atteggiamento difensivo sulle Alpi occidentali. In realtà Cadorna non era stato per nulla informato degli sviluppi della diplomazia e della scelta italiana della neutralità. Già nell’agosto 1914 il capo dell’esercito fu chiamato a produrre i concetti operativi di una guerra contro l’Austria (la Memoria è del 21 del mese). Il 1° settembre in alcune Direttive ai comandi d’armata indicava come priorità l’irruzione oltre l’Isonzo, lungo la linea Gorizia-Lubiana, verso l’interno dell’Impero, con la conquista, altamente simbolica, del capoluogo isontino e di Trieste. A quel tempo, e sino a ben oltre la metà di settembre, il capo di Stato Maggiore continuò a prospettare al governo un piano di mobilitazione generale per sfruttare una situazione in movimento, comunque favorevole a un’iniziativa italiana. Il presidente del Consiglio, Antonio Salandra, fu contrario, volendo porre altro tempo avanti a sé e avocando ragioni politiche (la chiamata alle armi poteva esser percepita come una minaccia dai nostri ex alleati), di impreparazione militare, di carenze tecniche e nelle dotazioni, di spirito militare e complessivo del paese. Ma comunque consentì al richiamo di alcune classi, quale indicazione dello «stare con le armi al piede». All’epoca, in ogni caso, la politica estera italiana già lasciava delineare un meno che ipotetico rovesciamento delle nostre tradizionali alleanze. Tuttavia ormai incombeva la stagione fredda, preclusiva di vaste operazioni militari, e i piani di mobilitazione vennero accantonati anche da Cadorna. Il suo operato fu volto da ora a ripristinare le dotazioni di materiali ed equipaggiamenti, a perfezionare il meccanismo della mobilitazione e della radunata, a potenziare il numero degli ufficiali, a imporre le proprie dottrine d’impiego nell’addestramento tattico.
Le non comuni doti di organizzatore di Cadorna in queste attività diedero il meglio di sé. Se egli in un primo tempo, aderendo ai dispositivi prebellici, aveva pensato a una mobilitazione congiunta alla radunata (ovvero lo schieramento strategico dell’esercito in un’area definita, pronto a muovere verso il confine e superarlo), nell’autunno, avendo intuito la rigidità del sistema, predispose di disgiungere i due momenti. Così facendo, la radunata sarebbe avvenuta in fasi successive, con maggior elasticità, ma anche con tempi più lunghi. Il capo di Stato Maggiore fece iniziare la mobilitazione ufficiale (detta «rossa») a partire dal 1° marzo 1915. Difettò forse, e fu argomento di dibattito per molto tempo nel dopoguerra, l’assenza nella regione di confine di una consistente «forza di occupazione avanzata» per la difesa, la copertura e per muovere il primo balzo. Si provvide in realtà a inviare molti uomini al confine, ma lo si fece disorganicamente, complicando il rapporto tra mobilitazione e radunata, fors’anche invertendolo. La scelta provocherà tra maggio e giugno cospicui ritardi nell’effettiva entrata dei corpi d’armata nelle operazioni. Nell’inverno e nella primavera del 1915 i preparativi militari proseguirono nella sostanziale fedeltà al piano elaborato sin dalla fine dell’agosto 1914: difensiva attiva sulla linea all’estremo nord-occidentale del confine con l’Austria e operazioni contro il saliente trentino, un pericoloso cuneo che si addentrava in territorio italiano, per reciderlo da est; azione concomitante lungo la Drava e il Gail ‒ con azione di copertura della Zona Carnia verso lo sbocco di Tarvisio ‒ avente come obiettivo Villach; offensiva strategica nel Goriziano e sul Carso, per poi colpire lo schieramento austro-ungarico nella valle della Sava, tra Kranj e Lubiana, mediante i criteri della guerra di massa e movimento. Sussistevano tuttavia nell’oggi elementi di maggiore incertezza, per la quasi sicura preclusione della via d’irruzione del basso Isonzo e per i timori riguardanti il Trentino. La grande movimentazione dei trasporti verso il confine iniziò nei primi giorni di maggio e fu completata solo a metà giugno. La denuncia della Triplice ebbe luogo il 4 maggio: un motivo in più per mettere sull’avviso gli imperiali. La mobilitazione generale, atto ultimativo che preludeva alla dichiarazione di guerra, fu decretata dal sovrano il 22 maggio 1915. Il 24 cominciavano le ostilità. Nel giudizio di molti storici militari la manovra iniziata era troppo ampia, estendeva e moltiplicava gli obiettivi militari e, per poter riuscire, avrebbe avuto bisogno di poter contare sul completamento e sullo schieramento completo delle forze mobilitate, su una proporzionata disponibilità del parco d’artiglieria, sul sincronismo delle operazioni.

A.V.

  • Bibliografia
    P.Pieri, L’Italia nella prima guerra mondiale (1915-1918), Einaudi, Torino 1965; M. Ruffo, L’Italia nella Triplice Alleanza. I piani operativi dello Stato Maggiore verso l’Austria Ungheria dal 1885 al 1915, Ufficio Storico Stato Maggiore Esercito (USSME), Roma 1998; R. Bencivenga, Il periodo della neutralità. Dall’agosto del 1914 alle prime operazioni del 1915, Gaspari, Udine 2014.
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    Archivio Erica Mastrociani-Fabio Todero

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