Volontari giuliani

Volontari giuliani

La Prima guerra mondiale fu il grande evento risolutore che gli irredentisti attendevano almeno dai tempi di Oberdan. Allo scoppio del conflitto, molti di loro innanzitutto non vollero arruolarsi nell’esercito imperiale. Specialmente i più giovani intendevano piuttosto sostenere il movimento interventista in Italia e poter così combattere contro Vienna vestendo la divisa italiana. Diverse centinaia di giuliani riuscirono in questa impresa. Per coloro che erano cittadini italiani, ed erano solo residenti a Trieste o nel resto del Litorale, i cosiddetti «regnicoli», la legislazione vigente imponeva loro di rientrare in patria per presentarsi al distretto di appartenenza. Ben diversa era la posizione di quanti, sottoposti alla leva austriaca, disertarono la chiamata alle armi del luglio 1914 e quelle successive. Questi fuggirono clandestinamente in Italia ‒ quando già non vi si trovavano ‒, rischiando gravi sanzioni penali. Quella dei volontari della Venezia Giulia, ma anche del Fiumano, della Dalmazia e ugualmente del Trentino, era una compagine certamente variegata dal punto di vista degli ideali: molti credevano nell’interventismo democratico di matrice mazziniana, come i fratelli Stuparich e Scipio Slataper, ma altri perseguivano un nazionalismo esasperato e slavofobo, ad esempio Ruggero «Fauro» Timeus. Altri ancora fecero una scelta essenzialmente guidata dalle emozioni, verso la ricerca di una esperienza straordinaria che potesse sconvolgere la loro vita, come altre decine di migliaia di giovani in tutta Europa in quegli stessi anni.

In Italia ci fu una certa riluttanza ad arruolare i volontari austro-italiani. Gli alti comandi militari, di ispirazione essenzialmente conservatrice e monarchica, sin dal Risorgimento mal sopportavano l’esuberanza patriottica e la scarsa disciplina dei volontari, quasi sempre di orientamento repubblicano. Ance al fronte si manifestarono forme di diffidenza nei loro confronti. Per di più, a differenza di quanto avvenne in Francia, Gran Bretagna e Germania, in Italia il volontarismo fu in generale di scarsa rilevanza. A sostenere i bisogni e le istanze dei volontari giuliani provvidero diversi organismi quali la Commissione centrale di patronato dei fuoriusciti adriatici e del Trentino, e il Comitato di Bologna per l’emigrazione dalle terre irredente. Il ruolo dei volontari giuliani è stato spesso mitizzato e il fascismo si appropriò immediatamente della loro memoria, mettendo in ombra la complessità di quel fenomeno. Si trattò di un movimento elitario, di giovani provenienti essenzialmente dalla borghesia e con un buon grado di istruzione, spesso dotati di un’acuta sensibilità. Gran parte di loro aveva pensato che il coraggio e l’eroismo avrebbero potuto fare la differenza nei campi di battaglia. Si sbagliavano e se ne resero presto conto: la Grande guerra fu soprattutto scontro fra potenze economiche e industriali. Allo stesso tempo, la loro scelta può essere compresa se inquadrata nel clima tardo romantico, aperto però anche a nuovi influssi culturali, dell’epoca della loro formazione.

  • Bibliografia
    R. Monteleone, La politica dei fuorusciti irredenti nella Guerra Mondiale, Del Bianco, Udine 1972; F. Todero, Morire per la patria. I volontari del Litorale austriaco nella Grande Guerra, Gaspari, Udine 2005; Volontari italiani nella Grande guerra, a c. di F. Rasera, C. Zadra, Museo storico italiano della guerra, Rovereto 2008.
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  • Crediti immagine
    Archivio fotografico Irsml FVG, Trieste.
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