Valentino Pittoni

Valentino Pittoni

Trasferitosi molto giovane a Trieste, Valentino Pittoni (Cormons 1872-Vienna 1933) iniziò a lavorare nel commercio insieme al padre. Ben presto intraprese l’attività politica nella Società operaia triestina, di ispirazione mazziniana, allora frequentata da Carlo Ucekar, figura chiave nelle origini del socialismo triestino. Per il suo tramite, Pittoni entrò in contatto con Victor Adler e aderì al Partito socialista. Nel 1902 divenne segretario del partito e della commissione delle organizzazioni professionali di Trieste; la morte di Ucekar, in quello stesso anno, fece di Pittoni la figura principale del socialismo triestino. Seguendo l’esempio di Adler, Pittoni si impegnò nel movimento politico e sindacale, promosse la nascita delle Cooperative Operaie, dotò «Il Lavoratore» di una propria tipografia e fornì al movimento socialista una sede (le Sedi riunite di via Madonnina), portando avanti l’opera di educazione dei lavoratori che aveva nel Circolo di studi sociali la propria espressione più alta. Pittoni si oppose sempre con forza all’emergere dei nazionalismi e alle tesi irredentistiche, convinto com’era del legame indissolubile tra la funzione economica di Trieste e la continuità con il retroterra austro-ungarico e della distinzione tra il problema della tutela delle culture nazionali e quello dell’appartenenza statale. Partecipò attivamente alla campagna per il suffragio universale e nel 1907 fu eletto deputato alla Camera di Vienna; nel 1909 divenne consigliere comunale a Trieste e fu riconfermato in entrambi i ruoli nelle successive tornate elettorali del 1911 e 1913.

Lo scoppio della guerra mondiale e, ancor più, l’ingresso dell’Italia nel conflitto segnarono una dura sconfitta per gli ideali di Pittoni. La sua opposizione alla guerra lo isolò dalla stessa socialdemocrazia viennese, schieratasi a fianco del governo imperiale al momento dello scoppio delle ostilità. Segnato dagli anni del conflitto anche sul piano personale, per la morte del fratello Francesco e l’insorgere di problemi di salute, dopo la guerra dovette affrontare anche lo spaesamento politico derivante da un contesto profondamente mutato. Nell’aprile del 1919 la nuova ala massimalista lo estromise dalla direzione politica del partito triestino; Pittoni abbandonò anche la direzione de «Il Lavoratore» e nel 1920 si trasferì a Milano, accettando un impegno nell’ambito del movimento cooperativo. In seguito all’avvento del fascismo Pittoni fece ritorno a Vienna, dove la dirigenza socialdemocratica gli affidò il ruolo di direttore amministrativo del quotidiano «Arbeiter-Zeitung» e di responsabile della stamperia, per rimetterne in sesto i bilanci dissestati. A Vienna Pittoni morì, per l’aggravarsi della sua malattia, nell’aprile del 1933.

  • Bibliografia
    G. Piemontese, Il movimento operaio a Trieste. Dalle origini all’avvento del fascismo, Editori Riuniti, Roma 1974; E. Collotti, Pittoni Valentino in Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico 1853-1943, a c. di F. Andreucci, T. Detti, IV, Editori Riuniti, Roma 1978; E. Apih, Valentino Pittoni fra Austria e Italia in Id., Il socialismo italiano in Austria. Saggi, Del Bianco, Udine 1991.
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  • Crediti immagine
    Le Cooperative Operaie di Trieste, Istria e Friuli, Profilo storico redatto da E. Apih con la collaborazione di C. Silvestri, Trieste 1976
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