Teodoro Mayer (Trieste, 17 febbraio 1860 – Roma, 7 dicembre 1942), editore, politico e irredentista. Figlio di un ebreo la cui famiglia era originaria dall’Ungheria e di un’italiana di Senigallia, nel 1873, dopo la crisi che colpì le attività commerciali della famiglia, fu costretto ad abbandonare gli studi. Dovette trovare un impiego e da subito manifestò un certo interesse nei confronti dell’editoria, un settore che stava attraversando una fase di progressivo sviluppo grazie alla sempre maggiore alfabetizzazione della popolazione. Nel 1876 acquisì la proprietà del «Corriere dei francobolli», un periodico dedicato alla filatelia che diresse sino al 1879, quindi iniziò a curare l’«Inevitabile», un giornale di pubblicità a distribuzione gratuita. Fece il salto di qualità con la fondazione del quotidiano «Il Piccolo», il cui primo numero uscì il 29 dicembre 1881 e che, grazie alla nuova impostazione, avrebbe conosciuto una notevole fortuna tanto da divenire il giornale per antonomasia della città di San Giusto. Mayer era vicinissimo agli ambienti liberal-nazionali e con il suo mezzo d’informazione, in particolare dalla primavera del 1887, quando divenne un foglio politico, sosteneva la linea della difesa dell’italianità della Venezia Giulia e le posizioni della borghesia cittadina.
Agli albori degli anni Novanta del XIX secolo, attraverso il deputato al Parlamento di Roma, il triestino Salvatore Barzilai, ed Ernesto Nàthan, fece ingresso nel Grande Oriente d’Italia; tra il 1908 e il 1912 fu grande ispettore di rito scozzese, gran tesoriere nonché membro della giunta esecutiva dell’ordine. Attraverso i contatti con la Società Dante Alighieri, Mayer ebbe i primi contatti con gli ambienti romani e in più occasioni procacciò le risorse finanziarie che il governo e la Corona elargivano ai liberal-nazionali, in particolare in occasione delle competizioni elettorali. Con i viaggi sempre più frequenti nella capitale del Regno conobbe personalità di rilievo come Sidney Sonnino, Giovanni Giolitti, Luigi Albertini, Luigi Luzzatti, Alberto Bergamini. Nel 1902 Mayer chiese la cancellazione dalla comunità ebraica della sua città anche per la moglie e per i figli, decisione con la quale, molto probabilmente, desiderava recidere la tradizione di famiglia in nome del liberalismo e laicismo esistente nel Regno. Fu attivo politicamente anche a Trieste; infatti fu eletto consigliere comunale, carica che ricoperse dal 1906 al 1909 e dal 1913 alla Grande guerra. Allo scoppio delle ostilità, Mayer si recò nuovamente a Roma; nel settembre del 1914 incontrò il presidente del Consiglio, Antonio Salandra, il ministro degli Esteri, San Giuliano, il ministro delle Colonie, Ferdinando Martini, e Sidney Sonnino ai quali presentò un piano sull’opportunità che il Regno si preparasse diplomaticamente all’intervento militare contro l’Austria-Ungheria. Nell’aprile del 1915 lasciò la città natale e trovò riparo a Roma, dove divenne un punto di riferimento per gli irredentisti adriatici lì presenti e attivi. Precedentemente, fu proprio lui a caldeggiare Francesco Salata a curare la voluminosa opera Il diritto d’Italia su Trieste e l’Istria, che uscì dalle stampe qualche settimana prima della dichiarazione di guerra alla Duplice monarchia.