Silvio Benco

Silvio Benco

«Il domani di ieri era certezza di continuare la povera vita tranquilla; il domani dell’oggi tutto incerto: e ogni cosa che ieri era sembrata indifferente e monotona ora sembrava […] la felicità. Il sapore dell’ultimo pane risaliva alle gole con l’amaro del pianto represso». Così Silvio Benco descriveva le sensazioni di molti degli abitanti di Trieste, dopo il primo bando di leva del 26 luglio 1914. Silvio Benco è stato il grande narratore delle vicende di Trieste al tempo della Grande guerra. Sua, la più nota e dettagliata cronaca di quegli anni che, pur influenzata dai valori nazionali a cui fu legato l’autore, resta uno dei più dettagliati racconti di quegli anni. Benco era del resto un giornalista. Nato nel 1874 a Trieste, a sedici anni iniziò a fare la gavetta ne  «L’Indipendente», il foglio dell’irredentismo triestino. Conobbe presto Svevo e Joyce, e più tardi Saba, entrando nei principali circoli letterari della città grazie alle sue doti di scrittore, prestate inizialmente alla produzione di libretti d’opera e in seguito a quella di romanzi, saggi e traduzioni. Dal 1903 entrò nella redazione de «Il Piccolo». Nella primavera del 1915, quando parve imminente l’intervento dell’Italia, quasi tutti i componenti della redazione si rifugiarono nella penisola, ma Benco rimase con alcuni colleghi a presidiare il quotidiano; avevano infatti intenzione di tenerlo aperto il più a lungo possibile, nonostante fosse sempre più pressante l’opposizione delle autorità asburgiche. Nel pomeriggio del 23 maggio dovette però assistere inerme, da piazza Goldoni, all’incendio della sede del giornale, e nei giorni successivi subì pure delle minacce di morte. Ormai disoccupato, riuscì a restare in città ancora un anno, allorché fu internato in un campo di prigionia a Linz, in Austria. Liberato nel marzo del 1918, tornò a Trieste e fondò la rivista «Umana», in cui impiegò le sue competenze di critico letterario. Con la riapertura de «Il Piccolo» dopo la guerra, riprese il suo vecchio posto di cronista. Divenne anche il corrispondente da Trieste dei principali quotidiani italiani, e intrattenne rapporti con alcune delle più importanti figure della cultura nazionale, a cominciare da D’Annunzio. Non aderì mai al fascismo. Dopo il secondo conflitto mondiale pubblicò il suo testamento letterario, La contemplazione del disordine, in cui concentrò le sue riflessioni sugli ultimi, travagliati cinquanta anni di storia europea. Morì nel 1949: migliaia di persone parteciparono al funerale di uno degli uomini simbolo della Trieste fra Otto e Novecento.

  • Bibliografia
    Silvio Benco: il tempo e le parole, Atti del convegno di studi a sessant'anni dalla sua scomparsa (1949-2009), Turriaco, 11 settembre 2009, con un'antologia di scritti e testimonianze, a c. di S. Clama, R. Spazzali, Del Bianco, Udine 2009; Silvio Benco «nocchiero spirituale» di Trieste: miscellanea di studi, a c. di F. Senardi, Istituto giuliano di storia, cultura e documentazione, Gorizia-Trieste 2010; A. Gruber, La libertà e la ragione. Appunti per una biografia di Silvio Benco, Ibiskos Editrice Risolo, Empoli 2011.
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  • Crediti immagine
    Biblioteca Irsml FVG, Trieste.
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