«Sono i giorni più belli a Sarajevo, quando ormai sono passati i primi e più forti caldi, quando il seme nelle mele inizia a scurirsi, e la natura sembra fermare il respiro: nulla più germoglia, ma niente ancora appassisce e l’estate trova finalmente il suo equilibrio nella pacata e fertile piena maturazione. Nel profondo però tutti percepiscono di più, sia pure inconsciamente, le ristrettezze, il pericolo, l’avvicinarsi della morte». In questo modo, il premio Nobel per la letteratura e irredentista bosniaco Ivo Andrić rievocava i giorni di luglio del 1878, che avevano segnato il passaggio dall’amministrazione ottomana alla conquista austro-ungarica. Dopo il luglio del 1914, invece, e le dichiarazioni di guerra, così come altri irredentisti nell’Impero asburgico, Andrić venne incarcerato dalle autorità di Vienna. Sarajevo, capitale della Bosnia, fu testimone di uno dei grandi spartiacque della storia; l’uccisione dell’arciduca Francesco Ferdinando nelle sue strade mise infatti in moto quel processo perverso da cui scaturirono le ostilità della Grande guerra.
Principale città dell’islam europeo, Sarajevo fu fondata dai turchi nel Quattrocento, in una fase di notevole espansione dell’Impero ottomano nei Balcani. La politica religiosa di Istanbul, che consentiva libertà di culto, fece per secoli di Sarajevo un luogo di pacifico incontro fra cattolicesimo, ortodossia cristiana, ebraismo e islam. La crisi dell’Impero ottomano e il suo progressivo disgregamento dal XVIII secolo, consentirono poi a Vienna di conquistare la Bosnia-Erzegovina. Per quarant’anni, sino alla Prima guerra mondiale, Trieste e Sarajevo fecero dunque parte della medesima compagine statale. Gli architetti della Secessione viennese, colleghi del giuliano Max Fabiani, ridisegnarono parte della città, lasciando segni importanti nella fisionomia urbana visibili ancora oggi; al contempo lo stile pseudo-moro andava invece a reinterpretare in chiave moderna la tradizione mediorientale, come nel caso della famosa Biblioteca nazionale. Nell’Ottocento i movimenti nazionali degli slavi del sud e in particolare quelli che miravano alla costituzione di una grande Serbia, insieme agli interessi delle potenze occidentali portarono alle due Guerre balcaniche del 1912 e del 1913. L’irrisolta crisi dei Balcani aggravò le più vaste e complesse tensioni che attraversavano l’Europa nell’estate del 1914. Sarajevo, dopo la Grande guerra entrò a far parte del Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni, dal 1929 Regno di Jugoslavia. Dopo il 1945 divenne invece parte della Jugoslavia socialista, per poi subire pesantemente le conseguenze della dissoluzione di quello Stato. Il tragico assedio della città dal 1992 al 1995 da parte dell’esercito serbo, distrusse molti edifici storici, compresa la nota biblioteca. Dalla fine della guerra di Bosnia è la capitale ufficiale dello Stato indipendente della Bosnia-Erzegovina.