Salvatore Segré nacque a Trieste il 14 settembre 1865 dagli ebrei Leone ed Elisabetta Macchioro. Cittadino italiano, commerciante di successo e facoltoso bibliofilo, orbitante nei circuiti dell’élite liberal-nazionale, socio del prestigioso Circolo dell’Unione, cui conferì un carattere filo-italiano, si diede al mecenatismo in favore dell’università, di teatri e musei cittadini. Nel 1907 abiurò la fede avita per ricevere il battesimo e sposarsi con rito cattolico. Presiedette per due decenni il consiglio d’amministrazione del Teatro Verdi e della Società filarmonica drammatica, organizzatrice d’eventi d’intonazione irredentista. Riparato in Italia nel 1914, subì il sequestro dei beni da parte delle autorità austriache. Di fede monarchica e legato agli ambienti interventisti del giornale «Idea Nazionale», che contribuì a trasformare in quotidiano, durante il conflitto entrò nel Consiglio d’amministrazione del Credito italiano e divenne presidente della Commissione centrale di patronato fra i fuoriusciti adriatici e trentini. Sorta nel 1915 per impulso della Dante Alighieri e sovvenzionata dal governo, la Commissione aiutò moralmente e materialmente i profughi giuliani nella penisola, i volontari di guerra e gli «irredenti» internati in Austria. L’appoggio che prestò ai soldati in grigio-verde ebbe un risvolto famigliare: fu seguendo il suo esempio che il nipote Guido Brunner disertò l’esercito austriaco per entrare in quello italiano. Nel 1919 Segré fu insignito del titolo di conte, unico caso di un triestino nobilitato da Casa Savoia. Tra i finanziatori più solleciti del Partito nazionale fascista, nel dopoguerra egli fece della propria residenza triestina un luogo d’incontro di deputati, alti ufficiali e membri della corte. Aggiunto al proprio cognome quello della moglie, Anna Sartorio, nel 1924 Segré fu nominato senatore del Regno grazie al sostegno di Enrico Corradini, presidente della società proprietaria del «Giornale d’Italia», che lui stesso sovvenzionava. In ambito aziendale egli si distinse per gli alti incarichi rivestiti: fu consigliere del Credito Italiano, del Lloyd triestino e della Riunione adriatica di sicurtà, presidente della Società elettrica della Venezia Giulia e del Circolo di studi economici, vicepresidente della Società cotonifici della Venezia Giulia. Dopo la proclamazione delle leggi razziali nel 1938, tentò di distinguersi dagli ebrei non convertiti ricordando le proprie benemerenze patriottiche e i molti riconoscimenti ricevuti dal re e da Mussolini. Defunta la consorte, al termine della Seconda guerra mondiale visse in alcune stanze al primo piano di Villa Sartorio, occupata per il resto dal Governo militare alleato. Morì a Trieste il 7 giugno 1949.
L.G.M.