In caso di entrata in guerra dell’Italia, i comandi militari austriaci avevano stabilito di predisporre la propria linea difensiva oltre l’Isonzo, preparandosi a una guerra di posizione sul Carso. L’esercito italiano passò il confine nella notte del 23-24 maggio 1915 e il 5 giugno tentò di superare l’Isonzo, ma dovette ben presto arrestare la propria avanzata. Il 23 giugno 1915 iniziò quindi la prima delle dodici battaglie dell’Isonzo, che rappresentarono una delle pagine più tragiche e cruenti del conflitto: alla violenza dei combattimenti corrispose uno spostamento sempre estremamente limitato del fronte.
La seconda offensiva dell’Isonzo (18 luglio-3 agosto 1915) ruotò attorno a Monte Sei Busi (m 118), elevazione posta a nord-est di Vermegliano. Il controllo di questa posizione era una chiave del sistema difensivo austriaco che sfruttava a suo vantaggio la presenza di alcune «doline»; collegate alle trincee da un sistema di stretti camminamenti, queste fungevano da riparo per le truppe cui era affidato il compito del contrattacco. Il 18 luglio 1915 la linea italiana era posta alle pendici del monte e fu lanciato un primo attacco contro gli austriaci. Dopo ripetuti e violenti combattimenti, gli austriaci furono costretti ad abbandonare la sommità (la cosiddetta «quota 118»), ma nel complesso mantennero ancora una posizione di vantaggio sugli italiani.
Con la terza e la quarta battaglia dell’Isonzo (rispettivamente 18 ottobre-4 novembre e 10 novembre-2 dicembre 1915), gli italiani profusero il massimo sforzo nella zona, senza tuttavia riuscire a ottenere una piena vittoria; così, la sommità di Monte Sei Busi, più volte passata brevemente di mano nel corso degli scontri, si trasformò in una terra di nessuno che separava le linee nemiche. Solo nell’agosto del 1916 gli italiani riuscirono a conquistare il Sei Busi e provvidero con nuovi scavi e lavori a rafforzarne il sistema di difesa.
A.G.