Monte Podgora

Monte Podgora

Chiamato Calvario prima della guerra per la presenza a quota 240 di tre croci rappresentanti la crocefissione di Cristo, il Monte Podgora, toponimo sloveno dell’omonima località detta in italiano Piedimonte del Calvario, durante il conflitto fu teatro di aspre battaglie tra italiani e austroungarici, che ne fecero un caposaldo strategico per la difesa di Gorizia. Il 20 luglio 1915 iniziò un infruttuoso attacco da parte del VI Corpo d’armata al comando di Luigi Capello sulla linea Podogora-Oslavia-Sabotino, che impediva l’accesso alla Valle del Vipacco. Gli attacchi reiterati nei mesi successivi non produssero rettifiche sostanziali delle rispettive posizioni. Dal 25 al 27 ottobre tre affondi condotti sul Podgora furono respinti dai mitraglieri austriaci. Il 29 Capello scagliò la 12a divisione, preceduta dal fuoco dell’artiglieria e dei mortai. Data la vicinanza dei due trinceramenti, ne seguì una battaglia conclusa all’arma bianca senza esiti di rilievo. Il 3 novembre la 12a teneva le quote 184 e 240. I lenti progressi italiani erano costati, a quella data, 10.300 tra morti e feriti. Il 25 l’artiglieria del VI Corpo, munita di obici pesanti, martellò il Podgora, preparando la fallita offensiva del giorno successivo. L’attacco del 29 portò a un’avanzata che rialzò il morale delle truppe, ma il clima rigido rese necessario procrastinare ulteriori tentativi di sfondamento. Tra il 6 e il 7 agosto 1916, durante la Sesta battaglia dell’Isonzo, le brigate Cuneo, Pavia e Casale snidarono il nemico, superarono la cresta del Calvario e giunsero sulla sponda destra del fiume passandolo a guado, lasciandosi alle spalle isolate sacche di resistenza, che le milizie territoriali austriaca e ungherese non riuscirono a recuperare. La 58a divisione austriaca del maggiore generale Erwin Zeidler, a presidio del Podgora, venne travolta. I suoi resti si dislocarono dal San Gabriele al Vipacco, mentre l’altipiano di Doberdò venne sgomberato. Entro la sera del 7, le cinque divisioni del VI Corpo occuparono completamente Oslavia e Podgora. Era aperta la via per Gorizia, dove il giorno 8 entrò per primo il 28° Fanteria Pavia comandato dal sottotenente Aurelio Baruzzi.
A distinguersi in quindici mesi di scontri furono i granatieri e i fanti delle brigate Casale, Toscana e Re. Dei 18.000 soldati di cui disponeva Zeidler la mattina del 6 agosto, solo 5000 raggiunsero Gorizia in ritirata, facendo saltare i ponti dell’Isonzo meno quello di Salcano, subito riattati dai genieri italiani. I volontari Scipio Slataper e Renato Serra furono tra coloro che persero la vita sul Podgora, sulla cui cima fu edificato nel 1920 un obelisco commemorativo.

L.G.M.

  • Bibliografia
    A. Sema, La Grande Guerra sul fronte dell'Isonzo, LEG, Gorizia 2009; J.R. Schindler, Isonzo. Il massacro dimenticato della Grande Guerra, LEG, Gorizia 2002; Podgora 1915. Dante Tumaini «un soldato tra tanti», a c. di E. Trevisani, Comune di Ferrara, Ferrara 2000.
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  • Crediti immagini
    Archivio Storico Dal Molin (Collezione Minto)

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