Monfalcone

Monfalcone

Sino alla metà del XIX secolo l’area del Monfalconese fu contraddistinta da un’economia agricola, segnata dall’arretratezza produttiva ma anche dalle prime espressioni di proprietà capitalistica. Nei decenni successivi ebbe avvio il processo di industrializzazione del territorio e, all’alba del nuovo secolo, la diversificazione della produzione e un significativo incremento di attività. L’investimento di capitale proveniva principalmente dal Litorale ed il legame con l’economia triestina era stretto. La realtà produttiva del monfalconese tuttavia mutò con rapidità soltanto con il completamento di opere infrastrutturali, come il canale navigabile, che agevolarono l’insediamento di grandi industrie quali il Cantiere navale triestino (1907-08) e lo stabilimento di produzione della soda Adria Werke (1912). Monfalcone fu allora al centro di un processo d’inurbamento e di un incremento demografico che accrebbero la popolazione dai 4500 abitanti d’inizio secolo agli 11.000 del 1913.
Quando i segnali di una guerra al confine meridionale dell’Impero cominciarono ad aumentare, dal Cantiere iniziarono le procedure per lo sgombero dei macchinari, dei materiali, delle risorse tecnologiche e del capitale umano più qualificato verso Trieste, Pola, Budapest. Peraltro, il personale specializzato inglese era già stato allontanato nell’estate 1914. Le truppe italiane entrarono a Monfalcone il 9 giugno 1915, nelle operazioni di approccio alle difese austriache poste sui crinali delle colline. Solo una parte della popolazione e gli apparati burocratici e istituzionali erano stati evacuati dagli austriaci, in ragione della debole difendibilità della città e della conseguente rinuncia ad impiegare truppe per impedire l’ingresso degli italiani. Lo slancio della nostra avanzata si fermò subito e le zone centrali della cittadina, quelle suburbane e l’area del Cantiere navale triestino e dell’Adria Werke vennero bersagliate dalle artiglierie austriache. Le strutture produttive furono pesantemente danneggiate. Sugli scali del Cantiere, giacevano non terminate alcune navi: la più imponente, il piroscafo passeggeri Kaiserin Elisabeth, divenne osservatorio d’artiglieria e ricovero per gli italiani. Nei primi tempi infatti le trincee austriache non erano distanti dalla città, attestate sul Carso, poco oltre il porto-canale e in prossimità delle paludi del Lisert.
L’amministrazione provvisoria cittadina, dopo un primo periodo di gestione del tenente Giovanni Fava, fu affidata all’ufficiale irredento, volontario di guerra e cittadino Giovanni Bonavia, che divenne Commissario del comune. Un commissario civile, al posto del capitano del Distretto di Monfalcone di nomina asburgica, venne insediato invece a Cervignano. Da subito, altri cittadini sfollarono nella campagna, altri ancora furono sgombrati nell’interno; il parroco decano don Giovanni Kren, reputato di sentimenti antitaliani, fu invece internato. Proprio nel pieno della seconda offensiva sull’Isonzo, ebbe inizio a Monfalcone una virulenta epidemia di colera: i primi segni di contagio si mostrarono a fine luglio, in presenza di grandi quantità di rifiuti non raccolti, forse di inquinamento delle falde acquifere ed in concomitanza con il gran caldo. Si presentarono anche casi di tifo e gastroenterite. La Sanità militare attuò vaste misure di profilassi e l’infettività lentamente si ridusse a partire da settembre, ma le vittime accertate tra i civili di morte per il colera furono una trentina, oltre 20 per le altre patologie; difficili da computare quelle dei militari, poiché il contagio si diffuse nelle due parti del fronte, estesamente, toccando più reparti anche in altre parti della linea. Lo sgombero dei civili, interrotto per l’epidemia, fu ripreso e completato entro ottobre, vincendo le ostinate resistenze degli abitanti. I materiali grezzi ancora conservati nel Cantiere vennero rimossi e immagazzinati per un uso a fini militari; i macchinari furono invece trasferiti nel Regno. La decima e undicesima battaglia dell’Isonzo, nel 1917, spostarono poi il fronte verso le foci del Timavo, Duino e il monte Hermada.
Il 27 ottobre 1917, nel corso dell’offensiva austro-tedesca di Caporetto, gli italiani si ritirarono da Monfalcone. Furono abbandonati gli apprestamenti militari, i depositi, le artiglierie. Dall’interno della Monarchia rientrarono nel Goriziano le autorità politiche ed amministrative austriache. I poteri provinciali e locali, con il concorso episodico di quelli militari, avviarono una prima opera di ricostruzione abitativa, infrastrutturale e anche industriale. Le misure poste in atto mentre la guerra proseguiva, sporadiche e stentate, non riuscirono a incidere sulla enormità dei problemi materiali. Le truppe italiane rientrarono a Monfalcone nei primi giorni del novembre 1918.

A.V.

  • Bibliografia
    E. Dimitri, Monfalcone estate 1915. La guerra e il colera, in Bisiacaria, numero unico 1990; A. Visintin, Prima Guerra Mondiale, in www.archeologiaindustriale.it, Museo della Cantieristica.
  • Categories
    ,
  • Condividi
  • Crediti immagini
    Archivio Roberto Todero; Fototeca Consorzio Culturale del Monfalconese; Archivio Storico Dal Molin

Related Items