Missioni militari in Russia (1915-1920)

Missioni militari in Russia (1915-1920)

A seguito delle trattative avviate dall’ambasciatore russo in italia Krupenskij e soprattutto dal ministro degli Esteri Sazonov, a partire dall’estate 1914, nell’estate del 1915 il governo di Roma, dopo molte esitazioni e rinnovate insistenze da Pietroburgo decise di costituire una Missione militare speciale destinata a recarsi in Russia per provvedere all’organizzazione del trasporto di un primo scaglione di prigionieri italiani cui doveva seguire la raccolta e l’inquadramento di altri compatrioti. Nella prima fase, l’opera di propaganda e di proselitismo tra i prigionieri austro-ungarici di lingua e nazionalità italiana aveva incontrato molte resistenze perché la nuova normativa imponeva l’arruolamento dei firmatari nel Regio esercito italiano con prevedibili rappresaglie da parte della polizia austriaca nei confronti dei familiari residenti nelle province meridionali dell’Impero.
All’attività di intelligence svolta da alcuni agenti nel campo di Darnitsa ed in altri lager, seguì la nascita della prima Missione militare composta da 21 ufficiali, tra cui 6 giuliani, al comando del tenente colonnello di s.m. bassignano. Precisamente: tenente di cavalleria dott. Bartolomeo Vigini (Collalto, Buie d’Istria); tenente di fanteria dott. Achille Venier, già vice-podestà di Gorizia e deputato provinciale (n. ad Aiello); tenente medico dott. Giorgio Reiss, poi Romoli (Trieste); sottotenente di fanteria Renato Iellersitz, poi Illesi (Trieste); sottotenente medico dott. Francesco Sbisà (Parenzo); sottotenente medico dott. Ettore Nordio (Trieste).
Partita da Torino il 16 luglio 1916, la missione speciale italiana giunse a Pietroburgo il 2 agosto e pochi giorni dopo era già a Mosca e a Kirsanov. Il membro della missione che più si distinse per operosità, spirito d’intraprendenza e tatto nei riguardi dei nostri prigionieri, fu senza dubbio il capitano, poi maggiore, dei carabinieri Cosma Manera, non solo in questa prima fase di lavoro che si concluse col trasporto in Italia, via Arcangelo, nell’autunno del 1916, di oltre 4000 connazionali (come viene ampiamente narrato da Camillo Medeot), ma anche, e soprattutto, nel corso dei tre anni successivi, in Siberia e a Tientsin.
Lo scoppio della Rivoluzione bolscevica, cui seguì l’immediata reazione da parte delle potenze dell’intesa, decise a sostenere le armate dei generali bianchi Kolčak, Denikin. Judenič indusse il governo di Roma a costruire una seconda Missione militare per organizzare e raccogliere i prigionieri italiani in Siberia, in vista di un loro rimpatrio via America. Il coordinamento dell’attività fu affidato al maggiore cosma manera, coadiuvato dal tenente trentino ing. Gaetano Bazzani e dal tenente fiumano dott. Icilio Baccich.
Il Manara si preoccupò innanzitutto di migliorare le condizioni di vita degli irredenti prigionieri a Kirsanov, ottenendo dalle autorità russe un piccolo aumento del soldo giornaliero. Fallito a Vologda l’ultimo tentativo di rimpatrio via Arcangelo, il maggiore Manara si occupò del trasporto degli irredenti da kirsanov verso la Siberia. Il contingente, bloccato a Vologda in ottobre, fu inviato in Estremo Oriente. Così, in pieno inverno siberiano – come scrive il Medeot – tra disagi di ogni genere, 2500 prigionieri, 1600 trentini e 900 giuliani, vennero trasferiti dalla Russia europea a Kharlin, capitale della Manciuria e da qui smistati nelle concessioni italiane di Tientsin e Pechino e in altre località. Su quegli uomini, duramente provati, e su quelli che da altri campi della siberia erano stati concentrati a Vladivostok venne svolta una sottile ed insistente pressione politica per indurli ad arruolarsi nel regio esercito italiano. Nacquero così i battaglioni neri a Tientsin ed i battaglioni rossi a Vladivostok, così denominati a causa del colore delle mostrine.
I battaglioni neri, costituitisi il 15 agosto 1918, furono il primo nucleo di un regio Corpo italiano di spedizione in Estremo Oriente, integrato e rinforzato, poche settimane dopo, da 400 fanti e sezioni sussidiarie provenienti dall’Italia. Il comando fu affidato al tenente colonnello Fassini Camossi. A fusione avvenuta, il corpo di spedizione italiano poteva contare su 2000 uomini, con sezioni di artiglieria da montagna, di mitragliatrici e del genio, con un plotone di carabinieri. A quale scopo? Quello di contrastare il bolscevismo e prevenire il contagio nell’Europa occidentale.

M.R.

  • Bibliografia
    Bazzani G., Soldati italiani nella russia in fiamme, Legione Trentina, Trento 1933; Medeot C., Friulani in Russia e in Siberia, Pelikan, Gorizia 1978; Rossi M., Irredenti giuliani al fronte russo. Storie di ordinaria diserzione, di lunghe prigionie e di sospirati rimpatri, 1914-1920, Del Bianco, Udine 1998.
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