Leopold Anton Conte Berchtold

Leopold Anton Conte Berchtold

Leopold Anton conte Berchtold Freiherr von und zu Ungarschitz, Fratting und Pullitz (Vienna 18 aprile 1863 – Csepreg 21 novembre 1942). Originario di una nobile e ricca famiglia di proprietari terrieri, possedeva la doppia cittadinanza austriaca e ungherese. Nel 1893 entrò nel servizio diplomatico, prestando servizio a Londra, Parigi e, nel 1908, come ambasciatore a San Pietroburgo. Nel gennaio 1912 succedette ad Aehrenthal, gravemente ammalato, come ministro degli esteri, assumendo controvoglia un incarico per il quale non si sentiva all’altezza. Si trovò quindi da subito a gestire una fase particolarmente complessa nelle relazioni internazionali della monarchia austro-ungarica, scontando sia la scarsa conoscenza della politica interna, sia un diffuso scetticismo, tra gli alti funzionari, circa le sue effettive capacità alla guida di un dicastero tanto delicato.

La sua linea politica fu contraddistinta dalla prudenza: sull’Italia, formalmente alleata e potenzialmente nemica, non si faceva alcuna illusione, ma giudicava pericoloso alimentare un contrasto che poteva sfociare in una  nuova guerra, soprattutto se lo scontro fosse stato navale e l’Italia avesse trovato il sostegno britannico. Non diversamente dal suo predecessore, riteneva che sulla penisola balcanica Vienna dovesse esercitare una naturale egemonia, giacché essa rappresentava al contempo un mercato per merci e uomini in esubero e una porta verso Oriente. A tal fine era fondamentale coltivare buone relazioni con la Russia, evitando che le aspirazioni di San Pietroburgo andassero a saldarsi con gli appetiti balcanici dell’Italia. Alla luce di queste convinzioni Berchtold affrontò la crisi dell’estate 1914 con l’usuale cautela, nel tentativo di preparare «diplomaticamente» le condizioni per un atto di forza contro la Serbia, giudicato unanimemente inevitabile. La mancanza di risolutezza e celerità nell’azione fu tuttavia una delle maggiori responsabilità che la storiografia avrebbe imputato al ministro, giacché l’immediatezza del «fatto compiuto» avrebbe forse consentito di circoscriverne l’impatto internazionale.

A guerra iniziata l’atteggiamento dei neutrali, ed in particolare dell’Italia, divenne il nodo centrale delle trattative diplomatiche. A riguardo l’analisi di Berchtold era lucida: eventuali compensi volti a garantire il mantenimento della neutralità italiana avrebbero potuto rivelarsi insufficienti qualora l’andamento del conflitto volgesse a sfavore degli Imperi centrali. In tal caso l’Italia avrebbe potuto giudicare conveniente l’entrata in guerra a fianco dell’Intesa. Analogo il caso della neutralità rumena, condizionata a sua volta dalle vicissitudini del fronte orientale. La risposta del ministro fu in entrambi i casi improntata alla consueta, ponderata valutazione di tutti di punti di vista, piuttosto che all’iniziativa personale. Prendere tempo, in attesa che un eclatante successo militare sconsigli gesti avventati ai governi dei neutrali, e intanto resistere all’alleato tedesco che premeva affinché Vienna si decidesse ad accontentare, almeno in parte, l’Italia, scongiurando l’eventualità dell’intervento a fianco del nemico. Tale atteggiamento fu ben presto ritenuto del tutto inadeguato alla gravità della situazione da quanti, ai vertici della Duplice monarchia, ritennevano più opportuno opporre un netto rifiuto sia alle pressioni di Berlino che alle inaccettabili richieste di cedere parti del territorio austroungarico. Tra costoro il primo ministro ungherese Istvan Tisza, che, sottovalutando la debolezza dell’esercito imperial-regio, e dunque la necessità per Vienna di tutelarsi da un attacco italiano, riteneva l’azione di Berchtold troppo debole e considerava fosse giunto il momento di sostituirlo. Nell’inverno del 1915, il primo ministro ungherese manifestò le proprie intenzioni al ministro degli esteri che, il 12 gennaio, avrebbe presentato le proprie irrevocabili dimissioni all’imperatore. Quattro mesi più tardi, l’Italia avrebbe dichiarato guerra all’Austria-Ungheria.

  • Bibliografia
    J.Redlich, Das politische Tagebuch Josef Redlichs, a cura di F.Fellner, Böhlau Verlag, Graz 1953-54; H. Hantsch, Leopold Graf Berchtold, Grandseigneur und Staatsmann, Verlag Styria, Graz-Wien-Köln 1963.
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