In molti circoli politici e militari dell’Impero bene radicata era la mitologia sul tradimento italiano messo in piedi da una congiura durata per decenni. In realtà non esistevano quinte colonne e nessun governo italiano aveva pianificato una guerra offensiva contro Vienna. Nonostante questo, il Piano I, redatto nel 1906 e perfezionato negli anni successivi, mirava a scompaginare le strutture controllate dai gruppi nazionali italiani, ad eliminare la classe dirigente e le reti associative italiane nella società civile della regione i cui esponenti andavano arrestati e avviati nei campi d’internamento. La rottura delle relazioni tra il Regno d’Italia e l’Impero austro-ungarico non fecero altro che aggravare la situazione. Con la dichiarazione di guerra dell’Italia alla Duplice monarchia, i cittadini dei quartieri popolari triestini (Barriera, San Giacomo, Cittavecchia), dopo aver partecipato nel pomeriggio ad una manifestazione promossa dai circoli patriottici austriaci, si riversarono nel centro urbano con l’obiettivo di colpire gli italiani, da quel momento individuati come nemici. Il 23-24 maggio 1915 fu dapprima assaltata (senza successo) e più tardi incendiata la redazione de «Il Piccolo» in piazza Goldoni, che era un simbolo dell’italianità oltre che il portavoce dei liberal-nazionali. L’atto vandalico contro il giornale fu sicuramente organizzato dai comandi militari e chi agì sul posto ebbe la protezione della polizia. Contemporaneamente furono devastate le sedi della Lega Nazionale, della Ginnastica Triestina (qui, per una malasorte, si registrò l’unica vittima), del Caffè San Marco e di altri luoghi di ritrovo vicini agli irredentisti, nonché saccheggiate decine di negozi regnicoli. L’ondata di violenza non risparmiò la sede del consolato italiano e nemmeno il monumento dedicato a Giuseppe Verdi, che fu preso a martellate. Nella città di San Giusto, l’ordine fu ristabilito solo dopo due giorni. Fu l’inizio di un’operazione di vaste proporzioni condotta nel Litorale e nel Trentino per assoggettare la nazionalità italiana a un regime poliziesco che aveva il compito di smembrare la sua struttura politica e sociale. La sera del 23 maggio 1915 il podestà di Trieste, Alfonso Valerio, fu convocato dal luogotenente che gli comunicò la soppressione del consiglio comunale e il conseguente assegnamento dell’amministrazione a un commissario imperiale. I provvedimenti tesi a colpire le manifestazioni italiane in ogni segmento proseguirono fino a tutto il 1916 e in molti casi fino al 1918. Le amministrazioni comunali e provinciali furono sciolte e vi fu un vasto processo di epurazione. Diciassette furono i consigli comunali sciolti, mentre l’amministrazione comunale di Trieste veniva rimpiazzata dal Consiglierato di Luogotenenza.
Per l’Istria meridionale esisteva già da tempo un piano per l’evacuazione della popolazione civile nello spazio compreso tra Pola e il canale di Leme. Il 17 maggio 1915 un dispaccio del Comando militare ordinava lo sgombero dei civili, nonché l’arresto dei regnicoli e dei sudditi poco affidabili e il conseguente trasporto nei campi d’internamento delle regioni interne della Duplice monarchia. In realtà si trattò di un equivoco, perché l’ordine concerneva esclusivamente l’evacuazione delle famiglie degli impiegati civili. La Luogotenenza dovette ammettere l’errore ed ordinò di rilasciare i regnicoli, a condizione che lasciassero la città.
P.M.