Il trialismo fu una corrente politica il cui fine era la formazione di un terzo Stato autonomo assieme all’Austria e all’Ungheria. All’inizio del XX secolo affiorò il desiderio di creare una comunità allargata degli slavi meridionali dell’Impero asburgico. Ivan Šušteršič e Janez Evangelist Krek, ad esempio, avanzarono l’idea di formare uno Stato forte sotto lo scudo asburgico, creato grazie all’intesa con i croati e che inglobasse anche i serbi; esso avrebbe dovuto estendersi da Trieste al fiume Drina e occupare di conseguenza l’intera fascia adriatica. La formazione di un immaginario Regno di Croazia (in certi ambienti austriaci definito Regno d’Illiria) avrebbe incluso la Slavonia, la Dalmazia, Fiume, la Bosnia, l’Erzegovina, l’Istria, Trieste, Gorizia, Gradisca, la Carniola, la Carinzia e la Stiria. Questa soluzione era accolta favorevolmente anche dagli sloveni. La via del trialismo che avesse condotto esclusivamente all’unione delle regioni croate era invece vista con una certa titubanza dai politici sloveni ed era considerata pericolosa, perché si correva il rischio che sloveni e cechi si trovassero isolati entro la cornice austriaca e quindi sottoposti a una forte pressione tedesca. Un altro politico sloveno, Gregor Žerjav, proprio nell’anno dell’annessione austro-ungarica della Bosnia ed Erzegovina (1908), suggeriva la formazione di un Regno jugoslavo nell’ambito della Monarchia asburgica, che comprendesse una parte della Carinzia, la Stiria, la Carniola, il Goriziano, Gradisca, Trieste con il circondario, l’Istria, la Croazia, la Slavonia, la Dalmazia, Fiume ed i suoi dintorni nonché la Bosnia e l’Erzegovina. Questi caldeggiava inoltre la cessione austriaca del Friuli orientale all’Italia in cambio della Slavia veneta. Tale regno avrebbe occupato una superficie di 150.000 kmq ed annoverato circa otto milioni d’abitanti.
Fu proprio Šušteršič che il 25 luglio 1909 inoltrò all’arciduca Francesco Ferdinando, sostenitore della causa degli slavi meridionali (soprattutto di una Grande Croazia), un memoriale a favore del progetto trialista, da attuarsi non solo per soddisfare le ragioni nazionali ma anche per il bene della corona. Come annotò nel suo diario Lajos Thallóczy, direttore generale nel ministero austro-ungarico delle Finanze, il 5 aprile 1913, l’erede al trono, considerava seriamente la questione del trialismo e decisamente meno lo scoppio di un conflitto con la Serbia. Il popolo sloveno era in buona parte leale all’imperatore e di conseguenza ambiva alla formazione di un grande e forte regno sotto lo scettro asburgico. L’unione delle regioni jugoslave in un unico corpo era considerata una necessità dinastica. In siffatto modo la Casa regnante sarebbe stata in grado di contrastare i suoi peggiori nemici, individuati nel nazionalismo ungherese e nell’irredentismo italiano e serbo. Nel novembre del 1909, con la risoluzione di Tivoli, dal nome del parco di Lubiana, inoltre, il partito socialdemocratico sloveno si espresse a favore dell’unione nazionale di tutti i popoli jugoslavi dell’impero. L’idea trialista divenne il punto che accomunava sia i liberali sia i cattolici e si estese anche nelle terre croate, il cui massimo sostenitore era il partito del diritto puro di Josip Frank. Con l’attentato di Sarajevo e lo scoppio della Prima guerra mondiale, i progetti per l’assestamento della Duplice monarchia furono definitivamente archiviati.