«Non v’è piccola cosa in questo palazzo grandioso che non sia testimonio di perizia, di diligenza e di amore»; così, il 19 aprile del 1914, il cronista de «Il Piccolo» concludeva la presentazione dell’ultima grande realizzazione architettonica della città, il palazzo delle assicurazioni RAS (Riunione Adriatica di Sicurtà), costruito in quella che oggi si chiama piazza della Repubblica. Inaugurato il 26 aprile, l’edificio, progettato per ospitare uffici, negozi e abitazioni, fu uno dei più smisurati e costosi della Trieste della Belle époque, e celebrava il 75° anniversario dalla fondazione della compagnia assicurativa. I suoi ideatori furono gli architetti Ruggero e Arduino Berlam, padre e figlio, continuatori dell’attività del capostipite Giovanni. La famiglia Berlam, di sentimenti e cultura italiani, costruì del resto alcuni dei maggiori edifici della città. La più nota opera di Giovanni Berlam, formatosi alla scuola di Vienna, fu Palazzo Gopcevich, ultimato nel 1851; esso prese il nome dall’armatore serbo che commissionò il fabbricato. Ruggero e Arduino Berlam, che invece avevano studiato all’Accademia «Brera» di Milano, progettarono anche la Scala dei giganti e la magnifica sinagoga, ancora oggi la più vasta in Europa dopo quella di Budapest. Nel 1925, Arduino Berlam realizzò il Faro della Vittoria.
Fu l’eclettismo a contraddistinguere lo stile dei Berlam e il palazzo delle RAS fu l’apoteosi del lusso, dell’eleganza e della tecnologia abitativa che l’Europa del 1914 sapeva realizzare. L’aspetto generale scelto per l’edificio fu quello dei palazzi dell’Italia cinquecentesca, ma la parte inferiore riprendeva il neoclassicismo. I più preziosi marmi italiani furono utilizzati per ornare gli esterni, e soprattutto gli interni della struttura, insieme a numerose opere in ferro battuto, legno intarsiato e a varie sculture, la più importante delle quali, all’ingresso, ad opera di Giovanni Marin. L’artista raffigurò un giovane eroe nell’atto di domare tre leoni, simbolo dell’umanità che domina le forze brute della natura; il gruppo rappresentava l’ideale di un’epoca contraddistinta dal progresso e dal razionalismo. Pure gli interni furono disposti secondo una variegata sinfonia di stili: impero, Luigi XVI, inglese e americano. Le fondamenta furono edificate in cemento armato, e furono installati un ascensore, un impianto telefonico interno, cinque caldaie, tre sistemi di riscaldamento, a vapore, ad aria e ad acqua calda e addirittura un impianto di ozonizzazione per la purificazione dell’aria. A costruirlo e ad arredarlo parteciparono maestranze e aziende triestine, italiane e slovene, ma anche provenienti dai maggiori centri dell’Impero e della Lombardia.