Confine italo-austriaco

Confine italo-austriaco

Nell’estate del 1914, il confine fra Italia e Austria-Ungheria era ancora quello stabilito mezzo secolo prima, nel 1866, con la Terza guerra di indipendenza. A provocare quel conflitto i due Stati che in Europa stavano conducendo con successo la propria unificazione nazionale, i Regni d’Italia e di Prussia, che attaccarono la Monarchia asburgica per espandere i propri territori. Venezia, il Veneto e gran parte del Friuli entrarono allora a far parte dell’Italia, malgrado le pesanti sconfitte di Custoza e Lissa. Nondimeno, queste furono  compensate dall’abilità della diplomazia sabauda e dalle vittorie di Garibaldi in Trentino, regione che però le trattative finali lasciarono sotto il controllo di Vienna, insieme a Trieste, la principesca Contea di Gorizia e Gradisca e la penisola Istriana. Nel 1882 venne stipulata la Triplice alleanza fra Italia, Austria-Ungheria e Impero tedesco ma gli austriaci continuavano a temere un attacco dall’Italia; pertanto, disseminarono il confine di fortificazioni militari. La linea difensiva non seguiva esattamente il confine politico, ma era quasi sempre leggermente ritratta in modo che le artiglierie imperiali potessero occupare le migliori posizione possibili. L’intero complesso difensivo era suddiviso in due rayon (settori). Il primo andava dal monte Ortles, che segnava il confine fra Svizzera, Italia e Austria, e accompagnava la frontiera sino al monte Peralba, nel punto di incontro fra Austria, Veneto e Friuli. Il secondo rayon partiva dal monte Peralba per raggiungere le rive dell’Isonzo e finire sulle coste dell’Adriatico.

Sino alla primavera del 1915, al confine italo-austriaco continuava ad aleggiare una certa calma, ma era solo la quiete prima della tempesta: con l’ingresso dell’Italia nel conflitto, a partire dal 24 maggio, tutta la frontiera divenne il fronte italiano della Prima guerra mondiale. Dalle rive di Trieste, come racconta Benco, si potevano sentire i boati delle esplosioni più potenti che provenivano dai campi di battaglia del Carso. I piani del comandante in capo delle operazioni italiane, il generale Cadorna, erano stati fatti per una guerra da vincere in poche battute, basandosi sul fatto che il grosso delle forze austro-ungariche era impegnato contro la Russia e nei Balcani. Perciò, l’esercito di Roma concentrò la maggior parte delle truppe verso le rive dell’Isonzo, dato che sarebbe stato troppo difficile attaccare nei settori alpini. Cadorna pensava che, dando una vigorosa spallata sul Carso, si sarebbe potuta presto conquistare Gorizia e poi Trieste, per procedere successivamente verso Vienna. La resistenza austro-ungarica si rivelò invece assai più capace di quanto l’Italia non avesse previsto. Gorizia fu conquistata solo nell’agosto del 1916, per essere poi perduta poco più di un anno dopo, nella disfatta di Caporetto: le forze austro-ungariche respinsero l’esercito italiano oltre la linea del Piave, segnando un nuovo confine fra Austria e Italia, che sopravvisse sino alla fine del conflitto. Dopo la conclusione della Grande guerra e la sconfitta degli Imperi centrali, il confine italo-austriaco acquisì la linea di demarcazione che mantiene ancora oggi.

  • Bibliografia
    F. Cecotti, Il tempo dei confini. Atlante storico dell'Adriatico nord-orientale nel contesto europeo e mediterraneo, 1748-2008, in collaborazione con D. Umek, Irsml FVG, Trieste 2010.
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  • Crediti immagine
    Archivio F. Cecotti.
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