Uno degli aspetti di maggior rilievo dell’assistenza profughi durante la Grande guerra è rappresentato dai campi profughi che sorsero nell’Impero asburgico (Barackenlager o Flüchtlingslager), tanto che entrò in uso il termine Barackensystem per indicare non solo l’assieme dei campi, ma anche la particolare modalità di collocamento. Inizialmente semplici agglomerati di baracche atti a ricoverare velocemente un gran numero di profughi del fronte orientale, i Flüchtlingslager col tempo divennero delle vere e proprie «città di legno», capaci di ospitare in alcuni casi fino a 20-25.000 persone, articolate da un punto di vista urbanistico in aree destinate alla residenza, all’amministrazione, alle attività lavorative, agli edifici sanitari, e comprendenti al loro interno officine, magazzini, laboratori, numerosi servizi centralizzati (cucine, lavanderie, bagni ecc.), dotati di una propria polizia e di un corpo di pompieri, nonché di istituzioni e strutture tipiche della realtà urbana, come chiese, scuole, asili, orfanotrofi, uffici postali, ed anche prigioni; appena fuori dei recinti degli accampamenti sorsero i cimiteri, destinati purtroppo ad essere continuamente allargati.
Nella parte austriaca dell’Impero i campi di maggiori dimensioni nell’ottobre 1916 erano 14, suddivisi tra 7 Länder ed ospitavano 123.865 persone (su 503.818 profughi assistiti dallo Stato) di cinque diverse nazionalità oltre agli ebrei. Alcune «colonie», inoltre, erano di fatto dei piccoli campi profughi, come quella di Mistelbach in Austria inferiore, riservata ai profughi italiani appartenenti ai ceti «socialmente elevati», che assieme alla colonia «satellite» di Asparn an der Zaya contava circa 900 persone. I profughi del Litorale di lingua italiana furono destinati a Wagna – che ne ospitò fino a 20.000, di cui dopo l’agosto 1916 1.600 sloveni – e Pottendorf (Austria inferiore), la cui popolazione superò le 5000 persone, alcune centinaia delle quali trentini; a questi ultimi vennero riservati i campi di Mitterndorf (oltre 10.000) in Austria inferiore e Braunau (8000) in Austria superiore. Sloveni e croati vennero collocati dapprima prima a Gmünd (mediamente 25.000 persone, in maggior parte ruteni) in Austria inferiore, da dove in seguito vennero trasferiti a Bruck a.d. Leitha (5.000, sloveni) e Steinklamm (5.000 tra croati e sloveni), sempre in Austria inferiore, mentre Gmünd rimase prevalentemente riservato ai profughi del fronte orientale.
Nonostante i mezzi impiegati, la vita nei campi fu particolarmente dura. Le baracche erano calde d’estate e fredde d’inverno, causa cattivo isolamento e carenza di riscaldamento, ricche però di fessure tra le assi di legno, attraverso cui filtravano i venti gelidi. Promiscuità e sovraffollamento erano la regola: in molti campi – come a Wagna – le baracche contenevano da 200 a 400 profughi, suddivise in stanzoni da 50-100 persone, in cui si accalcavano, precariamente separati da tramezzi o da stracci e coperte stesi fra i giacigli, uomini e donne, bambini ed anziani, con gravi conseguenze igieniche e sanitarie. Queste condizioni, unite alla costante sottoalimentazione, favorirono la diffusione di epidemie di morbillo, difterite e scarlattina che falcidiarono la popolazione infantile, ma determinarono anche un forte aumento dei decessi in tutte le classi d’età: polmoniti, tubercolosi e malattie dell’apparato gastro-intestinale provocarono tassi di mortalità particolarmente alti, sia rispetto a quelli dei profughi della diaspora che ai tassi riscontrabili nelle comunità d’origine nell’anteguerra (anche 2-3 volte tanto); nell’inverno 1915-16 la mortalità raggiunse picchi altissimi in tutti i Flüchtlingslager, con centinaia di morti al mese in ogni campo, specie bambini e anziani, una vera e propria selezione naturale che ne decimò la popolazione. In totale a Pottendorf morirono 650 persone, a Bruck a.d. Leitha 752, 986 a Steinklamm (dal 1915 alla fine del 1917) e ben 2.952 a Wagna. La carenza di cibo spingeva i profughi a procurarsi con ogni mezzo generi alimentari dentro e fuori dai campi, spesso ricorrendo a sotterfugi o violando le disposizioni delle autorità ed esponendosi a requisizioni e punizioni. L’affannosa ricerca di viveri nelle zone circostanti i Barackenlager provocava, inoltre, fenomeni come rialzi dei prezzi, mercato nero e furti campestri, determinando forti tensioni con le popolazioni locali.
I Barackenlager erano universi parzialmente chiusi, per la residenza di fatto coatta, la limitazione – più o meno severa – delle uscite verso le aree circostanti, l’uso di strumenti di coercizione e controllo (sistemi di disciplina sommaria, censura postale, gestione gerarchica autoritaria), particolarmente rigidi in alcuni accampamenti, primo fra tutti Wagna, tanto da poterli inscrivere all’interno di quel modello concentrazionario che durante la Prima guerra mondiale conobbe un notevole sviluppo. Solo nell’estate del 1917 le pressioni parlamentari modificarono, benché parzialmente, alcune caratteristiche del Barackensystem: si dispose che il personale fosse scelto di preferenza tra i profughi stessi e comunque conoscesse la lingua degli abitanti dei campi e vennero elette delle commissioni amministrative, con il compito di sottoporre alla direzione le richieste dei profughi; infine, la legge di tutela dei profughi del dicembre 1917 diede loro piena libertà di movimento e di scelta della residenza, ponendo fine alle limitazioni alla libertà personale.
P.M.