Guglielmo Oberdan fu il modello a cui i volontari di Trieste e del resto del Litorale si ispirarono quando disertarono la leva asburgica per arruolarsi nell’esercito italiano. Vendicare la morte di Oberdan fu una delle spinte ideali che mossero i sentimenti di tanti, fra coloro che videro nella Prima guerra mondiale il completamento del Risorgimento e la conquista dei «naturali confini d’Italia».
Oberdan fu uno dei più noti irredentisti triestini. Nacque nel 1858 da madre slovena e padre italiano col nome di Wilhelm Oberdank ma, sulla spinta di una netta scelta di campo nazionale, italianizzò il suo nome. Nel 1878, al momento della coscrizione militare per le operazioni militari austro-ungariche in Bosnia-Erzegovina, Oberdan decise di disertare per unirsi ad altri irredentisti a Roma. L’adesione dell’Italia alla Triplice Alleanza nel maggio 1882 e la morte di Garibaldi un mese dopo, spinsero il patriota triestino a ritenere, insieme a molti altri irredentisti, che il Regno dei Savoia si stesse ormai allontanando troppo dai valori del Risorgimento. Perciò decise di sacrificarsi completamente alla causa nazionale, con un gesto che potesse cambiare il corso degli eventi; Oberdan pensò così a un atto dal forte valore simbolico. In occasione della celebrazione a Trieste del cinquecentenario della cosiddetta dedizione della città all’Austria, nel settembre del 1882, il giovane triestino avrebbe infatti voluto uccidere l’imperatore d’Austria-Ungheria, Franz Joseph. Tuttavia, fermato al confine di Ronchi grazie alle informative del controspionaggio austriaco, venne incarcerato, processato e condannato a morte per impiccagione. La cella e il patibolo si trovavano proprio nella vecchia caserma di origine settecentesca verso cui confluirono poi i numerosi triestini mobilitati dall’estate del 1914. Dopo la guerra, il regime fascista rase al suolo l’edificio, preservando solamente la cella e l’anticella in cui Oberdan aveva trascorso gli ultimi giorni di vita e che divennero il centro di un sacrario, completato da un monumento all’eroe e inserito nell’edificio − la Casa del combattente − che tuttora ospita il museo del Risorgimento. Dallo spazio rimasto vuoto dopo la demolizione della caserma fu ricavata l’attuale piazza Oberdan.