Giorgio Marco Pitacco (Pirano, 24 aprile 1866 – Trieste, 25 agosto 1945), politico e irredentista. Nato in una famiglia di modeste condizioni artigiane, si trasferì a Cervignano; frequentò il Ginnasio-liceo di Gorizia e nel 1890 si laureò in giurisprudenza all’Università di Graz. Iniziò la carriera lavorativa in seno al Comune di Trieste, nel 1905 divenne assessore alla presidenza comunale. Fu attivo anche all’interno della Lega Nazionale di cui nel 1892 fu nominato segretario, carica che occupò per due decenni. Rappresentò la città di Trieste al Consiglio dell’Impero (eletto nel 1907, 1909, 1911) come esponente liberal-nazionale; fu definito «simbolo di italianità», nonché «rappresentante degli interessi triestini contro l’internazionalismo dei socialisti, contro la baldanza insidiosa dello slavismo» («Il Piccolo», 13 giugno 1911). Allo scoppio del conflitto e la dichiarazione della neutralità italiana, si recò a Roma per manifestare negli ambienti governativi le preoccupazioni degli italiani di Trieste e delle altre terre affacciate sull’Adriatico orientale. Il 7 agosto 1914, con l’aiuto del podestà triestino Alfonso Valerio, s’imbarcò sul piroscafo «Tripoli» per Venezia e da lì raggiunse la capitale del Regno. Qui incontrò gli on. Salvatore Barzilai e Piero Foscari, Ruggero Timeus, Enrico Corradini ed altri. Con non poche difficoltà ebbe modo di parlare con il presidente del Consiglio dei ministri, Antonio Salandra, e gli illustrò i sistemi adottati da Vienna, che a suo avviso erano volti alla distruzione della presenza italiana nelle province meridionali dell’Impero. Il suo viaggio non era passato inosservato alle autorità austriache e, al suo rientro, degli ignoti entrarono nella sua villa, rovistando nella scrivania, negli armadi e nelle librerie, mettendo in disordine le carte e i libri di sua proprietà; si trattò di una perquisizione in piena regola, come scrisse più tardi nelle sue memorie, che non dette alcun frutto in quanto era stata prevista in anticipo. Dal 6 al 7 dicembre 1914 fu nuovamente a Roma ove incontrò Salandra e Sidney Sonnino avvertendoli del pericolo di accettare la proposta austriaca di una rettifica territoriale nel Friuli orientale e di cedere il Trentino in cambio della neutralità italiana (compito, che secondo indiscrezioni ottenute da Vienna, sarebbe stato affidato all’ambasciatore tedesco a Roma, von Bülow). In quell’occasione parlò anche con Giovanni Giolitti. Nel primo dopoguerra fu il primo sindaco di Trieste nel Regno d’Italia (1922-1926) e più tardi podestà della sua città (1928-1933). Nel 1923 re Vittorio Emanuele III lo nominò senatore per i suoi meriti verso la patria.