Negli anni antecedenti l’entrata dell’Italia in guerra, Virginio Gayda, corrispondente de «La Stampa» in Austria, aveva alimentato intensi rapporti con gli irredentisti italiani delle province meridionali dell’impero. Inviato nel tardo autunno del 1914 a Pietrogrado per una missione speciale dai ministeri della Guerra e degli Esteri presso la Regia ambasciata e presso la Missione militare, fu fin dall’inizio della guerra un convinto ed appassionato cultore e sostenitore del progetto secondo cui gli italiani dovevano essere concentrati in un unico campo per poter meglio mantenere con loro il contatto e preparare il loro rimpatrio. Si mise in contatto con la Croce Rossa russa; successivamente, con l’intervento della Regia ambasciata, ottenne dal Ministero della Guerra russo che i prigionieri italiani venissero riuniti a Kirsanov, cittadina situata nel governatorato di Tambov; infine costituì un comitato di assistenza per raccogliere fondi e indumenti. Gli italiani residenti a Mosca e Pietrogrado risposero all’appello con slancio, versando al comitato generose oblazioni in denaro. La marchesa Gemma Guerrieri Gonzaga, con personale generosità ed impegno, e forte delle relazioni sociali su cui poteva contare a Roma e in Russia, contribuì a lenire le sofferenze dei prigionieri trentini di lingua italiana internati nell’Impero zarista. Rivolgendosi all’ambasciata italiana a Pietroburgo, tentò a sua volta di documentarsi sulle condizioni di vita dei prigionieri trentini e di concretizzare un progetto di trasporto in Italia. Si attivò generosamente nella stessa direzione il cavalier Virginio Ceccato, uomo d’affari divenuto in Russia console onorario d’Italia, presidente della Camera di commercio italiana e della Dante Alighieri. Alla campagna a favore dei prigionieri italiani e a rendere note le loro sofferenze nel Regno d’Italia contribuirono efficacemente i corrispondenti in Russia di importanti testate italiane: Renzo Lario per «Il Corriere della Sera», Armando Zanetti per «Il Giornale d’Italia» e Virginio Gayda per «La Stampa». Quest’ultimo, in una lettera inviata a Pietrogrado all’ambasciatore d’Italia, marchese Carlotti, scrisse su Kirsanov significative considerazioni. Su quel campo, infatti, che doveva essere solo una sistemazione provvisoria, i prigionieri espressero lagnanze a non finire. Altri importanti resoconti furono da lui stesi in Siberia dove, contrariamente all’apparenza, prima della guerra civile le condizioni di vita dei prigionieri erano assai più confortevoli rispetto alla Russia europea, specie a Kirsanov.
M.R.