Nipote di Carlo Favetti, intellettuale e patriota goriziano, autore di pubblicazioni tese a diffondere le idee patriottiche presso le classi popolari, Guido Favetti nacque a Milano, dove il padre si era trasferito per sfuggire al servizio militare nell’I.r. esercito. Compiuti gli studi di ingegneria, si trasferì in terra d’Africa, e più precisamente in Eritrea ma, continuando la tradizione patriottica in senso italiano della propria famiglia, all’entrata in guerra del Regno sabaudo raggiunse il fratello Mino a Roma per arruolarsi come lui nell’esercito italiano; intanto, a sua insaputa, la sua famiglia era stata in parte internata, in parte sottoposta a sorveglianza da parte delle autorità di polizia austriache. Come gli altri volontari irredenti, assunse un nome di guerra, Guido Guidi, per essere assegnato inizialmente al Genio ferrovieri, ma in un settore distante dal fronte, ciò che non corrispondeva al suo slancio ideale; grazie all’appoggio di Ugo Ojetti, ottenne così di essere inviato in una zona nevralgica del fronte carsico, raggiungendo il 2° rgt. del Genio zappatori, operante sul Sei Busi, dove fu impegnato nella realizzazione di apprestamenti militari. Qui poté conoscere tutta la violenza del conflitto, i limiti di tanti suoi colleghi ufficiali, i devastanti effetti della guerra, le sue conseguenze sulla psicologia dei soldati e i sacrifici da questi sostenuti. Il 26 maggio 1916 morì, colpito dal fondello di uno shrapnell mentre dirigeva la sua compagnia, intenta a dei lavori a Selz. Il fratello Mino, tenente degli alpini, poté partecipare ai suoi funerali che si svolsero a Ronchi, dove fu sepolto. Sulla sua esperienza Guido Favetti ci ha lasciato un diario, recentemente pubblicato, e alcuni immagini fotografiche da lui stesso scattate.
F.T.