Evacuazioni sul fronte dell’Isonzo

Evacuazioni sul fronte dell’Isonzo

Alla vigilia dell’entrata in guerra dell’Italia scattarono i piani di mobilitazione predisposti dalle autorità asburgiche, che prevedevano l’evacuazione parziale delle città piazzaforte di Trento e Pola con i loro circondari, nonché lo sgombero di diverse località site nei pressi della linea di difesa predisposta dai comandi militari. Sul fronte dell’Isonzo vennero evacuati totalmente la fascia pedecarsica da Sdraussina (oggi Poggio Terza Armata) a Ronchi, alcuni paesi alle pendici del M. Hermada e varie località nelle vicinanze della testa di ponte di Gorizia e lungo la valle dell’Isonzo, mentre poche settimane più tardi fu sgombrato l’altopiano di Doberdò. Si verificarono poi alcuni casi di fughe di massa da località come Lucinico e San Lorenzo Isontino, episodi in cui si mescolano i caratteri dello sgombero con quelli della partenza spontanea. Agli evacuati si aggiunsero non pochi fuggiaschi «volontari» dai territori abbandonati dagli austriaci (come Monfalcone) o rimasti in mano asburgica ma a ridosso delle prime linee (come Gorizia); parte di questi trovò un precario rifugio nelle aree retrostanti il fronte e a Trieste, altri, specie se privi di mezzi di sostentamento, furono inviati all’interno dell’Impero.
Evacuati e fuggiaschi dal Litorale vennero trasportati a Leibnitz (Stiria), per essere inoltrati verso varie regioni della Monarchia. Inizialmente la destinazione principale fu l’Ungheria, ma le difficolta dell’assistenza, causa la grande dispersione in un’area vastissima, e il progetto di concentrare i profughi in alcuni campi per utilizzarli come forza lavoro, determinarono il loro trasferimento nella parte austriaca dell’Impero tra agosto e settembre 1915.
A questa grande ondata ne seguirono di minori: nell’agosto 1916 fu la volta di Gorizia e dell’area a ovest della linea Trnovo/Tarnova-Sistiana/Sesljan, con lo sgombero coatto della bassa valle del Vipacco, della parte occidentale dell’altopiano di Komen/Comeno, nonché di Aurisina/Nabrežina. Nel 1917 toccò agli abitanti della Banjška Planota/Altopiano della Bainsizza – obiettivo italiano nella X e nell’XI battaglia dell’Isonzo – ricoverati nelle retrovie, e a quelli di Santa Croce/Križ sul Carso triestino, sfollati su Trieste.
I territori situati fra il confine austro-italiano e la linea di difesa austriaca furono occupati dalle truppe italiane, che a loro volta procedettero a evacuare alcune delle località conquistate. La prima fu Gradisca, ai cui abitanti fu intimata la partenza già il 25 maggio; per le sue modalità non si trattò di un esodo organizzato ma piuttosto di uno sfollamento, modus operandi che si ripeté nei primi mesi di guerra per altri paesi (Capriva nel luglio 1915) dirigendo gli evacuati verso le retrovie, dove parte di essi rimase per l’intero conflitto, mentre gli altri furono inviati nelle regioni interne del Regno. Nel basso Isonzo diverse partenze si ebbero da Monfalcone, Staranzano, Begliano e da alcune frazioni di Ronchi, tutte località definitivamente sgombrate nell’ottobre 1915. Le evacuazioni riguardarono anche il Collio sloveno e la valle dell’Isonzo a nord di Gorizia, dove vennero sgombrate parecchie località non evacuate dagli austriaci: tra queste Kojsko, Šmartno e Kozana sul Collio; Plave, Anhovo, Ajba, Ročinj e Kambreško nel medio Isonzo; Trnovo ob Soči, Srpenica e Žaga nell’alto Isonzo.
Dopo le prime settimane di guerra nelle retrovie si organizzarono delle stazioni di sosta, per ricoverare gli evacuati ed eseguire gli accertamenti sanitari prima di inviarli nella Penisola; tra le più importanti quelle di Palmanova, Manzano ed Udine, città in cui vennero istituiti quattro asili profughi che fungevano anche da ricovero e centro di smistamento per regnicoli rimpatriati. Altre sorsero nel Cividalese, in qualche caso precarie tendopoli, ma non ebbero vita lunga e furono smantellate tra l’autunno e l’inverno 1915. I profughi dei paesi dell’alto Isonzo ricoverati nella conca di Breginj/Bergogna (a ovest di Kobarid/Caporetto) vi rimasero invece per buona parte del conflitto.
Le motivazioni delle evacuazioni sono simili dalle due parti del fronte, dalla necessità di allontanare i civili per sottrarli ai pericoli bellici ed eliminare ostacoli alle operazioni militari, a ragioni legate alla sicurezza militare (spionaggio e sabotaggio), al bisogno di sfruttare le retrovie per le esigenze logistiche, cui si aggiunge nel caso dello sgombero delle città piazzaforte (Pola), la volontà di evitare tensioni in caso d’assedio, specie per ciò che riguardava l’approvvigionamento. Comune anche il ruolo giocato dal sospetto verso popolazioni spesso ritenute poco affidabili, quando non ostili; in particolare va rimarcata la diffidenza dei comandi italiani nei confronti delle popolazioni slovene, elemento che fu rilevante anche in alcuni casi di violenza contro i civili, come nell’episodio che coinvolse i paesi alle pendici del Krn/Monte Nero.
Chi poté scegliere tra partire e rimanere lo fece in base a un ampio ventaglio di ragioni, di cui le motivazioni politico-nazionali rappresentano solo un aspetto. A spingere alla fuga furono soprattutto la paura della guerra e delle sue conseguenze, l’insostenibilità delle condizioni di vita a ridosso delle prime linee e la volontà di non perdere i contatti con i congiunti, fuggiti a loro volta o arruolati nell’esercito austriaco, mentre il timore di un incerto destino, l’attaccamento alle proprie case, alla terra, ai familiari che non volevano o non potevano partire, furono determinanti nella decisione di rimanere.

P.M.

  • Bibliografia
    P. Svoljšak, Slovenski begunci v Italiji med prvo svetovno vojno, «Zbirka Zgodovinskega časopisa», n. 9, Ljubljana 1991; P. Malni, Via dalla guerra: le comunità dei civili, in 1914-1918. Scampare la guerra, a c. di L. Fabi, Centro Culturale Pubblico Polivalente, Ronchi dei Legionari 1994; “Un esilio che non ha pari”. 1914-1918 Profughi, internati ed emigrati di Trieste, dell’Isontino e dell’Istria, a c. di F. Cecotti, Libreria Editrice Goriziana, Gorizia 2001; P. Malni, I profughi del Friuli orientale. 1915: l’anno delle evacuazioni, in 1915. La guerra del ’15 e i friulani, a c. di E. Folisi, Gaspari, Udine 2016.
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    Archivio Roberto Todero

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