Commissione centrale di patronato dei fuoriusciti adriatici e trentini

Commissione centrale di patronato dei fuoriusciti adriatici e trentini

La Commissione centrale di patronato dei fuoriusciti adriatici e trentini nacque nell’aprile 1915 come ente autonomo della Dante Alighieri, associazione sostenitrice della causa irredentista e legata alla massoneria. Presieduta da Salvatore Segrè, facevano parte del suo gruppo dirigente Spiro Tipaldo Xyidias, nazionalista triestino di origine greca e futuro volontario; il barone Carlo Poerio, Felice Bennati, irredentista istriano e senatore del Regno; un altro fuoruscito e membro del Senato come il trentino Carlo Esterle; Giovanni Pedrotti, alpinista e patriota anch’egli trentino; il conte Donato Sanminiatelli, vicepresidente della Società Dante Alighieri e Albino Zenatti, triestino, appartenente alla prima generazione di irredentisti. Si aggiunsero poi altri personaggi legati all’irredentismo giuliano delle origini come Spartaco Muratti e Niccolò Vidacovich. Vi facevano capo dodici Comitati distribuiti in altrettante città italiane.
I compiti svolti dalla Commissione erano suddivisi tra affari militari e civili. Per i primi, si trattava innanzitutto di occuparsi dei volontari irredenti, del loro arruolamento, della loro carriera militare ma anche dell’equipaggiamento e del sostegno materiale per il quale fu istituito un fondo volontari, nonché del sostegno morale, della ricerca di informazioni su soldati caduti, sui loro luoghi di sepoltura, agevolare i rapporti tra commilitoni ecc. Il Comitato di Milano fu incaricato di raccogliere e conservare memorie e cimeli dei combattenti, in parte destinati a confluire nelle raccolte del Museo del Risorgimento. Alla Commissione spettava inoltre il compito di tutelare i prigionieri di guerra austro-italiani trentini e adriatici, proponendo la liberazione di quanti fossero risultati «raccomandabili sia in riguardo morale che per i loro sentimenti politici».
Una parte cospicua del lavoro del Patronato era invece indirizzata agli aiuti da fornire ai profughi provenienti dalle terre irredente, internati nelle varie province del Regno. L’organizzazione rilasciava tessere di riconoscimento e attestazioni relative alla loro moralità e condotta politica. Il Patronato si occupava inoltre del coordinamento delle ricerche di familiari dei profughi e, per quanto possibile, di alleviare le condizioni degli irredenti internati in Austria. Non mancarono iniziative di propaganda finalizzate al superamento delle diffidenze che circondavano adriatici e trentini in Italia. Infine, si trattava di coordinare il lavoro dei diversi comitati locali – anche ai fini di consolidare il fondo di credito costituito a favore dei profughi – e di pubblicare un bollettino unico che fornisse notizie sulle terre irredente, sulle loro condizioni e su quelle degli internati, biografie e notizie varie.
Per tornare agli affari militari, il Comitato di Bologna si fece garante della raccolta dei documenti indispensabili, mentre il ministero della Guerra si dimostrò particolarmente interessato all’utilizzo di alcuni irredenti in operazioni di intelligence. Con i buoni uffici della Trento-Trieste e l’interessamento dell’onorevole Barzilai, in Trentino, nella Venezia Giulia e in Dalmazia fu così costituita una rete di informatori che facevano capo al colonnello Rosolino Poggi, responsabile della sezione I presso la Stato Maggiore dell’esercito.
Con l’entrata in guerra dell’Italia, la Commissione di patronato fu particolarmente solerte nell’attività volta a superare o aggirare le difficoltà poste dalle autorità italiane all’arruolamento degli adriatici e dei trentini. Il ruolo dei Comitati si concentrò così sulle pratiche necessarie al reclutamento dei loro patrocinati; allo scopo di sollecitare i sentimenti patriottici di questi, si giunse perfino ad inviare moduli di arruolamento nominali.
I Comitati, inoltre, dovettero adoperarsi per fornire alle autorità civili e militari informazioni sugli aspiranti volontari, per garantirne la buona condotta, far luce sulle loro inclinazioni politiche e militari ma anche per attestarne il grado di istruzione, allo scopo di permettere l’accesso al rango di ufficiale di quanti ne avessero i requisiti. A tale scopo, spettava ai comitati il compito di farsi garanti delle attitudini morali e culturali degli aspiranti ufficiali, dei loro sentimenti italiani, della loro professione e dell’onorabilità della famiglia.
Un compito particolare fu poi quello della ricerca di famiglie disposte a prestare uno pseudonimo ai volontari, per prevenire la loro condanna a morte in caso di cattura. A tale scopo, furono contattati famiglie e cittadini italiani disposti ad assumere questo particolare ruolo di «padrini» e si organizzarono dei comitati di cittadini per il sostegno dell’iniziativa.

F.T.

  • Bibliografia
    B. Coceani, L’opera della commissione Centrale di Patronato tra i fuorusciti adriatici e trentini durante la Grande Guerra, Off. Grafica dell’Editoriale libraria, Trieste 1938; A. Monteleone, La politica dei fuorusciti irredenti nella Guerra Mondiale, Del Bianco, Udine 1972; F. Todero, Morire per la patria. I volontari del Litorale austriaco nella Grande guerra, P. Gaspari, Udine 2005.
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  • Crediti immagini
    Biblioteca civica Trieste

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