Il Comando Supremo del Regio esercito italiano fu costituito il 24 maggio 1915. Una parte degli organi e degli uffici di comando rimase a Roma, presso il ministero della Guerra. La parte operativa si stabilì in prossimità del fronte. Il Comando supremo per alcuni giorni si insediò presso Villa Volpe, a Fagagna, una località ad est di Udine, poi nel capoluogo friulano nell’edificio del Liceo classico «Jacopo Stellini». La struttura del Comando supremo si fondava su tre principali reparti, a loro volta costituiti da numerosi uffici: l’Ufficio del capo di Stato Maggiore dell’esercito, il Riparto operazioni e il Quartier generale. L’Ufficio del capo di Stato Maggiore dell’esercito, alle dirette dipendenze di Cadorna, era composto dall’Ufficio segreteria del capo di Stato Maggiore, dall’Ufficio ordinamento e mobilitazione, dall’Ufficio tecnico e dal Gruppo ufficiali a disposizione. Il Riparto operazioni era formato dalla Segreteria, dall’Ufficio informazioni, dall’Ufficio situazioni di guerra, dall’Ufficio armate, dall’Ufficio affari vari, dall’Ufficio servizi aeronautici. Si occupava di raccogliere tutti quegli elementi informativi che stavano alla base delle decisioni operative e delle conseguenti operazioni militari. Il Quartier generale, infine, era costituito dal comando del Quartier generale, dai nuclei per il servizio corrispondenza, postale, medico veterinario, mense, dalla sezione carabinieri e da altri uffici minori. Erano infine aggregati al Comando supremo anche il Reparto disciplina e avanzamento, il Comando generale d’artiglieria, il Comando generale del genio, il Comando superiore dei carabinieri reali, il Segretariato generale per gli affari civili e l’Intendenza generale. Udine divenne la capitale della guerra italiana. Un imponente apparato burocratico-militare e una pletora di civili quasi sempre cointeressati all’approvvigionamento e alla logistica dell’esercito gravitavano attorno al Comando supremo.
La condotta del più alto ente militare, sotto la direzione di Cadorna, fu orientata a un indirizzo di rigido accentramento, che non facilitava però il controllo dei particolari, e a criteri operativi lineari e coerenti, condensati nel tema di una tassativa unità di comando. Il Comando supremo divenne un’autorità chiusa e impermeabile al controllo degli organismi politici, con i quali vi fu sempre freddezza anche per la tendenza del supremo capo militare di individuare nel fronte interno, nella società civile, nei «nemici interni» l’origine dei problemi di tenuta dell’esercito. All’opposto, le richieste dell’alto comando in tema di fabbisogni, produzione bellica e risorse umane divennero pressanti, a fronte anche di un’oggettiva irresolutezza di governo e politica. All’interno della struttura, l’energica direzione di Cadorna si fece invece sentire, oltre che con l’univoca spinta dottrinaria, con un’imponente selezione dei quadri, che portò all’esonero di ben 217 generali e 255 colonnelli, rovinosa nel generare insicurezza e sfiducia tra gli ufficiali e nei reparti, a causa di trasferimenti, «siluramenti» e avanzamenti troppo repentini e disorientanti.
Dopo Caporetto, e sino al loro scioglimento, gli uffici del Comando supremo trovarono sede a Padova, presso Palazzo Dolfin, e nelle località circostanti. Pur non apportando significativi cambiamenti, la gestione del più alto organo militare da parte del nuovo capo di Stato Maggiore Armando Diaz, iniziata con la nomina dell’8 novembre 1917, segnò un cambio di orientamento. La distinzione tra il potere militare e l’autorità civile rimase ben ferma, ma resa funzionale alla prosecuzione della guerra e mitigata dalle buone relazioni tra il capo dell’esercito e gli altri protagonisti del paese in guerra, re e governo in testa. In sostanza, la direzione del conflitto fu riconsegnata alla politica, ma nella pienezza della conduzione tecnico-militare da parte del Comando supremo. Gli uffici furono soltanto marginalmente ridefiniti nelle funzioni, ma molta attenzione Diaz riservò ai collegamenti, al decentramento delle funzioni, alla valorizzazione dei collaboratori e dei subordinati, al coordinamento delle attività. Il Comando supremo cessò le attività il 31 dicembre 1919.
A.V.