Baccich Icilio

Baccich Icilio

(Sussak [Fiume] 1879-Fiume 1945) Compì gli studi di diritto in Italia, svolse attività pubblicistica sin dagli anni giovanili, collaborando a «La difesa», giornale degli autonomisti italiani a Fiume, uscito tra il 1897 ed il 1903. Nel 1904 fu tra i fondatori e tra i capi della società «Giovane Fiume», che si proponeva di raccogliere con un programma autonomistico e chiaramente filo-italiano i giovani irredentisti della città. L’associazione – che ebbe dapprima vita segreta e che annoverava fra i suoi maggiori esponenti, oltre a Baccich, i fratelli R. e S. Gigante, L. Lenaz, E. Rossi, ecc. – ebbe riconoscimento legale nel 1905 e dall’aprile 1907 al 1910 pubblicò il periodico «La Giovane Fiume». Nel 1907 Baccich veniva eletto consigliere comunale e partecipava attivamente alla vita amministrativa della città: dal 1910, per un anno circa, coprì la carica di vicepodestà, avendo però in pratica le funzioni del podestà, assente da Fiume. Cessate le pubblicazioni de «La Giovane Fiume» e sciolta d’autorità l’associazione dopo una gita sociale a Ravenna nel settembre 1911, Baccich fu costretto dalla ostilità delle autorità governative a lasciare Fiume. Si stabilì ad Ancona: mentre collaborava all’«Idea nazionale» di Roma, sorta da poco, cercò tuttavia di creare a Fiume un nuovo giornale – quotidiano questa volta – che esprimesse e raccogliesse l’opposizione separatista al governo austro-ungarico: sorse così «Il giorno», quotidiano politico, alla cui direzione il Baccich chiamò il giornalista milanese Amedeo Fava. Ma l’iniziativa morì sul nascere: nel marzo 1913, dopo il primo numero, il giornale fu soppresso e il direttore arrestato ed espulso. Lo stesso Baccich, ritornato per breve tempo a Fiume, dovette lasciare la città. La lontananza da questa non significò per lui l’abbandono della polemica irredentistica: lo scoppio della guerra mondiale, anzi, con la prospettiva di un possibile rimaneggiamento della carta europea, offrì a Baccich l’occasione di compiere in Italia attiva propaganda per l’annessione di Fiume.
Una certa risonanza, nel dibattito politico sulla questiona adriatica in vista di un eventuale intervento, ebbe il suo opuscolo Il problema dell’Adriatico e Fiume (Ancona, 1914), riapparso con qualche ampliamento nel gennaio 1915 a Torino col titolo Fiume. Il Quarnero e gli interessi d’Italia ne l’Adriatico, ristampato nel volume miscellaneo Dal Brennero alle Alpi Dinariche (Firenze-Roma, s.d.), pp. 216-256, insieme con scritti di M. Alberti, S. Barzilai, C. Battisti, A. Desico, A. Dudan, V. Gayda, S. Slataper e G. Stefani.
Entrata l’Italia in guerra, si arruolò volontario. Nei mesi precedenti, Baccich aveva dispiegato grandi energie per stimolare l’adesione alla causa dell’Intesa, seguendo attentamente l’evolversi di movimenti irredentisti tra i popoli della Monarchia danubiana. Nella lettera da lui inviata a Luigi Albertini l’11 gennaio 1915 risultava, ad esempio, l’indagine da lui promossa con l’aiuto del fratello rimasto a Fiume, che in Ungheria non esisteva un movimento d’opposizione contro il blocco austro-ungarico, ma piuttosto che il partito dell’indipendenza (Apponyij, Andràssy) era il più favorevole alla guerra.
Crescevano, invece, il malcontento nei confronti degli insuccessi militari e le incertezze nei confronti del futuro. L’attività di intelligence politica e militare di Icilio Baccich proseguiva intensamente nell’ambito della Seconda missione militare costituitasi in Russia nell’autunno del 1917. Compito precipuo di B., di Gaetano Bazzani e del comandante, capitano Cosma Manera, era quello di incentivare l’interesse di quei 2.030 prigionieri austro-ungarici di lingua italiana in viaggio verso la Siberia, nei confronti della patria italiana.
Nell’ottobre del 1917, a Vologda, durante la sosta forzata di 600 prigionieri irredenti in viaggio verso il porto di Arcangelo – scrive il diarista triestino Basilio Bianchi – Icilio Baccich, volontario fiumano, membro della seconda Missione militare italiana, riuscì a rinsaldare i legami con la patria lontana e a far accettare agli irredenti l’inoltro a Vladivostok esasperando, con i suoi energici richiami patriottici, la dolorosa emozione suscitata dai fatti di Caporetto. La circostanza è menzionata dallo stesso Bazzani: «Il comandante dello scaglione, tenente Baccich, tenne un discorso di fiducioso patriottismo, per cui sull’abbattimento degli spiriti prevalse lo slancio dell’amore e della fede e tutti i 600 firmarono come un sol uomo l’atto di arruolamento volontario per il fronte italiano, che ognuno si augurava di raggiungere al più presto».
Ritroviamo Icilio Baccich nei diari e nelle memorie degli irredenti dei cosiddetti Battaglioni Neri. Ritornò a Fiume dopo l’armistizio e, durante la «reggenza del Carnaro», fu «rettore» agli Interni e alla Giustizia. Nel 1929 venne nominato preside della Provincia del Carnaro. Il 23 gennaio 1934 fu nominato senatore del Regno. A Fiume continuò la sua professione di notaio. Baccich fu ucciso nell’agosto 1945: dell’uccisione attribuita ad elementi delle formazioni di Tito si ebbe notizia in Italia soltanto nel 1949.

M.R.

  • Bibliografia
    G. Bazzani, Soldati italiani nella Russia in fiamme, Legione Trentina, Trento 1933; Dizionario Biografico Treccani, vol. V, 1973; C. Medeot, Friulani in Russia e in Siberia 1914-1918, Pelikan, Gorizia 1978; M. Rossi, Irredenti giuliani al fronte russo 1914-1920, Del Bianco, Udine 1998.
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