Attilio Hortis

Attilio Hortis

Attilio Hortis (Trieste, 13 maggio 1850 – ivi, 23 febbraio 1926), erudito, bibliotecario, politico, irredentista. Compì gli studi nella città natale, frequentando dapprima il ginnasio tedesco e successivamente quello italiano. Nel 1866 il padre Arrigo, di sentimenti antiaustriaci, fu espulso da Trieste per ordine della polizia; la famiglia peregrinò per varie località: Vienna, Baviera, Svizzera, Italia. A Milano, il giovane Attilio entrà in contatto con gli esponenti del Comitato triestino istriano. Nel 1871 si laureò a Padova in Giurisprudenza e in Lettere e nel 1872 a Graz, per ottenere il riconoscimento del titolo. Grazie ai mezzi assicurati dal padre, poté viaggiare per l’Europa (Firenze, Parigi, Oxford, Vienna, Basilea, Bruxelles, Monaco) per svolgere i suoi studi, incentrati soprattutto sull’opera di Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio. Al suo rientro a Trieste, il 10 ottobre 1873 vinse il concorso per bibliotecario civico, impiego che svolse con particolare solerzia per circa mezzo secolo, compreso quello di conservatore dell’Archivio diplomatico. Continuò le sue indagini, prediligendo l’età umanistica. Tra i lavori di maggiore spessore spicca senz’altro il volume Studi sulle opere latine del Boccaccio (Trieste 1879), che tuttora costituisce un contributo imprescindibile, preceduto dagli Scritti inediti di Francesco Petrarca (1874). Tra gli incarichi da lui svolti si ricordano quelli in seno alla Società di Minerva, dal 1875 al 1885 fu presidente e direttore della sua rivista, l’«Archeografo Triestino». Dopo la scomparsa del padre, morto suicida nel 1878, il nostro accanto all’attività di studioso, sempre più addentrato nel passato triestino, iniziò l’impegno politico, dettato anche da ragioni economiche. La sua posizione era rivolta anzitutto alla difesa dell’italianità della città, tanto da divenirne un esponente di primo piano, e non abbandonò il capoluogo giuliano, sebbene avesse ricevuto delle offerte lavorative importanti come la cattedra di filologia romanza all’Università di Graz o la prefettura alla Biblioteca nazionale di Roma. Nel 1897 fu eletto al parlamento di Vienna e nuovamente nel 1901 (vi rimase sino al 1907); si batté per l’istituzione dell’Università italiana a Trieste. Nel 1908 un viaggio diplomatico lo portò a Londra e a Parigi in cui presentò la questione irredentista; nella capitale francese ebbe dei colloqui con Georges Clemenceau. Nel 1915 lasciò la sua città, per rientrarvi solo nel tardo autunno del 1918. Nel gennaio del 1915, assieme a Giorgio Pitacco, Matteo Bartoli e Felice Bennati, firmò un indirizzo rivolto al sovrano, relativo alla necessità di unire Trieste e l’Istria, da mezzo secolo «disgiunte dalla Patria». Il 23 maggio 1915, cioè il giorno in cui fu emesso il decreto di mobilitazione generale, Cesare Battisti, Attilio Hortis e Giorgio Pitacco ebbero l’udienza dal re. Nel corso del conflitto, nel 1916, rifiutò la cattedra di Storia del Risorgimento all’Università di Bologna. Nel febbraio del 1919 fu nominato senatore del Regno, l’11 dicembre dello stesso anno fu eletto vicepresidente del Senato.

  • Bibliografia
    A. Gentille, Il primo secolo della Società di Minerva 1810-1909, Caprin, Trieste 1910; R. Monteleone, La politica dei fuoriusciti irredenti nella Guerra Mondiale, “Del Bianco, Udine 1972; M. Gentile, Attilio Hortis nel cinquantenario della morte, LINT, Trieste 1976; M. Gottardi, Hortis, Attilio, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 61, Istituto per l'Enciclopedia Italiana, Roma 2004, pp. 735-738.
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    Archivio E. Mastrociani - F. Todero
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