Angelo Vivante nacque a Trieste nel 1869 da una famiglia borghese ebraica. Laureatosi in giurisprudenza a Bologna, lavorò come redattore de «Il Piccolo» dal 1900 al 1906. Nel 1902 iniziò a frequentare il Circolo di studi sociali, istituto culturale del socialismo triestino. Si iscrisse quindi al Partito socialista e si trasferì a «Il Lavoratore», che diresse dal 1907 al 1909. Principale figura intellettuale del socialismo triestino, negli anni seguenti si dedicò sempre più agli studi, pubblicando diversi articoli su autorevoli riviste italiane («Critica sociale» 1908-9, «La Voce» 1910-12, «L’Unità. Problemi della vita italiana» 1912-13). Il nome di Vivante è legato soprattutto alla sua opera principale, Irredentismo adriatico, che fu pubblicata a Firenze dalla Libreria della Voce di Giuseppe Prezzolini nel 1912. In essa Vivante, respingendo le posizioni dell’irredentismo italiano, attribuiva all’elemento economico un ruolo decisivo nella storia di Trieste: lo sviluppo della città, originato da una scelta politica del governo di Vienna, era indissolubilmente legato al rapporto di continuità con l’ampio retroterra imperiale. Proprio la crescita economica di Trieste, osservava inoltre Vivante, era stata all’origine del progressivo indebolimento del carattere nazionale italiano della città, per effetto dei flussi migratori e delle trasformazioni sociali che avevano interessato l’emporio imperiale. Nel 1914 uscì per le Edizioni Avanti! l’opuscolo Dal covo dei traditori, che apparve a puntate anche sull’«Avanti!» e su «Il Lavoratore», uno scritto dal tono impegnato e polemico, nel quale Vivante rivendicava ancora una volta il valore politico, come pure quello «nazionale» italiano, dell’internazionalismo del movimento socialista triestino. Lo scoppio della guerra mondiale, con tutti i suoi presagi e sommandosi a problemi personali, spinse Vivante a togliersi la vita il primo luglio del 1915.