Amministrazione civile nei territori occupati: ordinanza del Comando supremo 25 giugno 1915

Amministrazione civile nei territori occupati: ordinanza del Comando supremo 25 giugno 1915

Con l’entrata in guerra, il governo politico ed amministrativo della «zona di guerra» fu trasferito, come previsto dal Servizio in guerra del 1912, al Comando Supremo, che poteva devolverlo anche ad organismi subordinati. Sempre secondo il Servizio, nei territori soggetti a occupazione militare il governo politico ed amministrativo, ovvero il ripristino della normalità delle condizioni di vita, il funzionamento della pubblica amministrazione e degli uffici, le misure economiche per i civili ed altro ancora, sarebbe dovuto spettare all’Intendenza generale e alle Intendenze d’armata. Da subito il Comando supremo ritenne che per problemi di opportunità e speciali situazioni di fatto e di diritto si imponessero più articolati profili di amministrazione, finalizzata non solo all’ordinaria gestione civile, ma a un complessivo progetto di integrazione delle terre occupate alla nazione. Nell’interpretazione italiana della normativa bellica internazionale non si trattava di un’occupazione per motivi strategici di territorio nemico, bensì della liberazione di territorio nazionale in mano nemica. Il Comando supremo, nell’assumere il diretto controllo della gestione amministrativa e politica della «zona di guerra» e nello specifico delle terre occupate, istituì perciò il Segretariato generale per gli affari civili come organo di esecuzione delle sue disposizioni.
L’Ordinanza del Comando supremo del 25 giugno 1915 (Ordinamento dei servizi civili nei territori occupati) delineava la struttura organizzativa di tutte le entità amministrative, centrali come il Segretariato o periferiche. In una prima parte l’Ordinanza dettava i termini della legge generale sull’amministrazione nei territori occupati (unità territoriali, governo territoriale e basi giuridiche dello stesso; gerarchia amministrativa, competenze, funzioni degli uffici, servizi, personale). Nella seconda parte del testo erano invece inserite le norme che guidavano l’azione delle autorità locali provvisorie nel provvedere agli interessi collettivi. La normativa era conciliata ai criteri della legislazione bellica internazionale, in specie con le direttive della IV convenzione dell’Aja (1907), che regolava i diritti delle forze occupanti nei confronti delle popolazioni occupate. All’articolo 43, in particolare essa stabiliva che fosse comprovata l’autorità dell’occupante sul territorio e confermava lo stato provvisorio e transitorio dell’amministrazione insediata. L’occupazione inoltre non mutava la precedente sovranità dello Stato, perciò la popolazione manteneva l’originaria cittadinanza. L’autorità provvisoria doveva esplicarsi dunque nell’osservanza della leggi, delle istituzioni e degli ordinamenti preesistenti. Naturalmente, in ragione della forte potestà decisionale del Comando supremo la legislazione austriaca poteva essere curvata all’intento di affermare il nuovo potere. Le norme asburgiche poste a difesa dello Stato o ispirate ad uno schema giuridico autoritario vennero largamente applicate. Una legge austriaca del 1874 ad esempio fornì la base giuridica per l’allontanamento dalle parrocchie dei religiosi sospetti ed il loro internamento in Italia. L’aspetto amministrativo basilare per il disegno di italianizzazione delle terre «redente» fu però l’insediamento della nuova struttura di gestione locale. Nell’Isontino, per i distretti di Monfalcone, Gradisca e Tolmino il Segretariato insediò ‒ a Cervignano, Cormòns e Caporetto, in ordine ‒ un commissario civile distrettuale in sostituzione del capitano distrettuale di nomina austriaca. Il personale venne tratto dalle alte nomine dello Stato.
Dopo la presa di Gorizia venne istituito il Commissariato civile per il distretto di Gorizia e Gradisca. Le amministrazioni dei comuni e degli altri enti pubblici locali furono sciolte e commissariate provvisoriamente tramite un gerente militare, che peraltro rimase in pianta stabile in specifiche situazioni di vicinanza al fronte. I podestà dei paesi occupati vennero poi sostituiti da sindaci scelti con favore tra gli elementi liberal-nazionali del luogo o tra i volontari irredenti arruolati nell’esercito italiano. L’intento di preparare le basi dell’integrazione all’Italia delle terre occupate si espresse, nelle zone a maggioranza slovena, con interventi mirati a facilitare l’impiego della lingua italiana nella toponomastica e nell’attività scolastica. Durante il regime armistiziale, l’Ordinanza in data 19 novembre 1918 ribadì il controllo del Comando supremo, per il tramite del segretario generale per gli affari civili, sulla gestione dei servizi civili e sulle amministrazioni dei territori occupati della Venezia Giulia, estendendo le funzioni operative come richiedeva la nuova e più problematica realtà.

A.V.

  • Bibliografia
    P. Malni, Vivere la Grande Guerra. Militari e popolazioni dell’Isontino durante la Grande Guerra, in «Il Territorio», n. 18, 1986; P. Svoljšak, L’occupazione militare italiana dell’Isontino dal maggio 1915 all’ottobre 1917 e gli sloveni, in «Qualestoria», 1-2, 1998.
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