Senatore, ultimo podestà nel periodo asburgico dalle elezioni del 1913 al 24 maggio 1915, primo sindaco di Trieste italiana fino all’aprile 1919. Esponente di spicco del partito liberal-nazionale, il 31 ottobre 1918, nel corso della cosiddetta «rivoluzione triestina», venne eletto presidente del Comitato di salute pubblica, composto da dodici rappresentanti del partito socialista e dodici del partito liberal-nazionale. Tale organismo assunse il governo del capoluogo del Litorale, Trieste, dopo aver chiesto ed ottenuto le dimissioni del luogotenente austriaco barone Fries-Skene, atto che rappresentò la fine della dominazione asburgica. Il Comitato tentò di risolvere i problemi di ordine pubblico istituendo una Guardia nazionale ed invitando i cittadini ad arruolarsi, mentre richiedeva l’arrivo dell’Italia nella città giuliana. Il 3 novembre 1918, sbarcato dal cacciatorpediniere «Audace», il generale Carlo Petitti di Roreto assumeva immediatamente il potere politico e amministrativo, scioglieva il Comitato di salute pubblica, reintegrava la rappresentanza municipale anteguerra guidata dal sindaco Valerio. La giunta del municipio triestino, con a capo il sindaco Valerio, era stata eletta nel 1913 con il poco rappresentativo sistema del voto per censo (per curie). Nei primi giorni dell’occupazione italiana, Petitti di Roreto volle rendere omaggio agli uomini che avevano tenuto alta la bandiera dell’italianità nel periodo prebellico, nel segno della continuità di un patriottismo tra vecchie e nuove istituzioni cittadine. All’atteggiamento conciliante e collaborativo del sindaco Valerio, i socialisti risposero con la richiesta di autoscioglimento del consiglio comunale, a loro giudizio espressione del vecchio ordine e dell’iniquità delle leggi asburgiche. Si determinò in tal modo una situazione di paralisi, perché per mesi il consiglio comunale non venne convocato. L’aggravarsi della situazione finanziaria convinse il governatore Petitti ad esautorare Valerio e la sua giunta formalmente «per non esporre una delle figure più autorevoli e reputate come il senatore Valerio alla critica astiosa e dissolvitrice dei partiti in lotta». In realtà, perché l’arrendevolezza di Valerio nei confronti dei socialisti, dei dipendenti comunali in sciopero (impiegati e maestri), il debole controllo dell’esercito suggerivano la soluzione della nomina di un commissario straordinario per il municipio, estraneo all’ambiente locale. Attraverso le pressioni attuate dal governatore nell’aprile 1919 si giunse alla riunione in cui il partito liberale accolse la proposta delle dimissioni del consiglio e della nomina di un commissario straordinario.
Alfonso Valerio
